Va tutto bene? Proprio no per l’Huffington Post: industria a picco, consumi in calo, lavoro al palo

Una voce decisamente controcorrente è l’Huffington Post, secondo cui, a dispetto delle fanfare governative, l’economia italiana continua a far registrare arretramenti e acciacchi. L’ultima nota dolente è la rilevazione dell’Istat sul fatturato e gli ordinativi dell’industria. A marzo 2016, rispetto al mese precedente, si è registrata infatti una diminuzione sia per il primo (-1,6%) che per i secondi (-3,3%). Sul dato complessivo pesano sia la flessione del fatturato sul mercato nazionale (- 2,6%), sia il calo degli ordinativi sul mercato estero (-5,8%). Due dati che, rispettivamente, confermano il perdurare di una crisi di domanda sul piano interno e un problema di competitività delle nostre imprese sul piano esterno. La prima, in particolare — continua il quotidiano — è segnalata anche da altri indicatori, a cominciare da quello relativo ai prezzi. Ad aprile, infatti, l’indice nazionale dei prezzi al consumo è sceso dello 0,1% su base mensile (-0,5% su base annua), confermando come la tendenza deflattiva sia ben lungi dall’arrestarsi, nonostante la politica monetaria espansiva della Bce. D’altronde, non è un caso che, insieme alle attività estrattive ed ai prodotti petroliferi raffinati, a tirare giù il fatturato delle industria siano stati proprio i beni strumentali, quelli intermedi e di consumo. Su tutti, ovviamente, il dato relativo all’andamento della ricchezza nazionale. A marzo, il Prodotto interno lordo ha fatto registrare un magro +0,3% rispetto al trimestre precedente, contro un +0,5% della zona euro. Il governo, nel Documento di economia e finanza (Def), ha previsto una crescita dell’1,2% per l’anno in corso. Stima plausibile? Bè, stando ai numeri che circolano sull’andamento dell’economia, qualche dubbio, a questo punto, è più che legittimo.

E l’occupazione? Nell’Europa a 28 — continua l’Huffington Post — solo la Croazia e la Grecia stanno peggio di noi. Con un tasso di occupazione pari al 56,3% (rapporto tra il numero di persone occupate e la popolazione), scontiamo un differenziale di 17,7 punti percentuali con la Germania, di 16,4 punti con il Regno Unito e di 7,9 punti con la Francia. Non vanno meglio le cose sul versante della qualità dei contratti di lavoro. Dopo il boom di nuovi contratti a tempo indeterminato registratosi nel 2015, l’INPS ha reso noto che nel corso del primo trimestre gli stessi sono scesi di 162.000 unità, un crollo del 33,4% su base annua. Cos’è successo? Semplice: col nuovo anno sono diminuiti drasticamente gli sgravi fiscali e le imprese hanno smesso di assumere. Lo dimostrano, nello stesso periodo, anche le cifre relative alla trasformazione di contratti precari in contratti a tempo indeterminato: -31,4%.

ebilcoba_2 CONTRATTO COLLETTIVO COLF E BADANTI: CHIEDI CONSIGLIO A EBILCOBA, SOTTOSCRIVI IL NUOVO CONTRATTO NAZIONALE DI LAVORO INSERENDO IL CODICE E1 NEI VERSAMENTI INPS

 

 

 

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