I canoni di locazione ad uso commerciale non percepiti non vanno dichiarati

Secondo la Commissione  Tributaria provinciale di  Frosinone sez IV (sentenza 10,06.2015 n.513), se i canoni di locazione non sono stati percepiti, nel momento in cui sia intervenuto un procedimento di convalida di sfratto oppure una qualsiasi causa di risoluzione del contratto prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione di redditi, il locatore non è tenuto a dichiararli. Una contribuente aveva  proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale contestando l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate che accertava , per l’anno finanziario 2009, un reddito imponibile superiore a ventimila euro desunto dal contratto di locazione concluso nel 2008. Secondo l’Agenzia delle Entrate,  la mancata percezione del canone da parte della locatrice non esentava quest’ultima dall’obbligo di dichiarare il reddito risultante dal contratto di locazione stipulato nel 2008. La sentenza della Commissione tributaria provinciale di Frosinone ha evidenziato che la ricorrente in data 23 marzo 2010 aveva presentato al Tribunale di Velletri un’intimazione di sfratto per morosità del conduttore e che, successivamente, lo stesso Tribunale aveva  emesso, a maggio dello stesso anno, ordinanza di convalida di sfratto intimando al conduttore moroso il rilascio dell’immobile. In virtù di tale provvedimento di sfratto la ricorrente, quindi, riteneva di dover dichiarare esclusivamente le somme effettivamente incassate considerato che il provvedimento dell’autorità giudiziaria di convalida dello sfratto è anteriore rispetto alla scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi. Il provvedimento adottato dalla commissione tributaria provinciale laziale ha stabilito   ha stabilito che il canone di locazione di un immobile ad uso commerciale, anche se previsto contrattualmente, non deve essere dichiarato dal locatore se non percepito e se il contratto si è risolto prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi. Tale decisione, fra l’altro, condivide pienamente l’orientamento della stessa giurisprudenza di legittimità che già da tempo precisato che “… In base all’ art. 35, D.P.R. n. 597 del 1973 (ora art. 35 del D.P.R. n. 917 del 1986), si presume che il reddito imponibile degli immobili locati sia quello risultante dal contratto di locazione, ma è consentito al contribuente fornire la prova che i canoni non sono stati in concreto percepiti e quindi non sono soggetti a tassazione …” (Cass. civ. Sez. V, 07-05-2003, n. 6911). Secondo i giudici di legittimità, inoltre, tale interpretazione trova fondamento: – nell’art. 53 della Costituzione secondo cui il carico fiscale deve essere ragguagliato in relazione alla effettiva “capacità contributiva“, cioè tenendo conto della effettiva ricchezza a disposizione del contribuente; – nonché nello “statuto dei diritti del contribuente“, approvato con L. 27 luglio 2000, n. 212 , laddove ha sancito il principio di buona fede, che impone alla Amministrazione di far riferimento il più possibile a dati di ricchezza reali.

 

 

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