Ipotizzare una nuova patrimoniale immobiliare sulla prima casa sarebbe una catastrofe

A caccia di soldi facili, che servirebbero per riportare in ordine i conti del bilancio pubblico, nei giorni scorsi si è ritornato a parlare di rimettere l’Imu sulla prima casa, ora denominata Tasi. Fu una sciocchezza — scrive Guido Salerno Aletta su Formiche.net — già come era stata impostata dall’inizio, con un federalismo fiscale abborracciato, che sin dalla istituzione dell’ICI spingeva i Comuni a lucrare sulla rendita immobiliare: più case, più incassi, in una rincorsa insulsa ed improduttiva. E sarebbe solo un antipasto, visto che il debito pubblico incombe: per abbatterlo ci si balocca sulla ipotesi di una patrimoniale sugli asset detenuti dalle famiglie, in Italia e all’estero, di un importo che oscilla tra il 4% e l’8% dell’imponibile: tra immobili, depositi bancari oltre i 100 mila euro, conti titoli ed attività dichiarate nel riquadro RW, non ci sarebbe scampo. Per saggiare il campo ha iniziato l’Ocse, che di recente ha redatto un rapporto sull’Italia: la tassazione degli immobili residenziali è ancora sottoutilizzata. Questa imposizione va aumentata perché è favorevole alla crescita: genera lo spazio fiscale per ridurre la tassazione sulle attività produttive. Inutile dire che la riduzione del cuneo fiscale non ha mai una destinazione chiara, essendo incerto se verrà destinata a maggiori investimenti, alla distribuzione di utili, ovvero all’aumento del monte salari. Secondo l’Ocse, l’abolizione dell’Imu e poi della Tasi sulle prime case è stato un passo indietro: non solo occorre reintrodurle, ma è nocivo anche il rinvio della revisione delle rendite catastali: aggiornare con regolarità il valore imponibile delle proprietà immobiliari evita disuguaglianze. Inutile dire che, se oggi si dovesse tener conto della situazione di mercato, le rendite in molti casi andrebbero addirittura azzerate, tanti sono gli immobili invenduti per carenza di domanda. L’Ocse è in buona compagnia: anche il Fmi, già nel 2013, si disse nettamente contrario alla decisione del governo Letta di procedere alla sospensione del pagamento dell’Imu sulla prima casa. Solo la Bce, invece, nel luglio del 2012 aveva espresso un parere diametralmente opposto, preoccupata per gli effetti negativi sul settore delle costruzioni derivanti dalla reintroduzione dell’Imu sulla prima casa, che come Ici era stata eliminata nel 2008 dal governo Berlusconi. Il mercato delle abitazioni in Italia è ancora particolarmente depresso — continua Guido Salerno Aletta su Formiche.net — In media, nella Unione europea l’indice del prezzo delle abitazioni, fatto pari a 100 nel 2010, è arrivato a 107 alla fine del terzo trimestre del 2016. In Italia era pari ad 85,5 ancora in discesa rispetto all’88,6 del 2014. Solo la Spagna sta peggio dell’Italia, con l’indice solo a 78,3 benché in salita costante rispetto al 71,9 registrato nel 2014. Anche in Irlanda, che pure ha conosciuto una forte bolla immobiliare, i prezzi hanno già recuperato i valori perduti, con l’indice a 102. Perfino il Portogallo è ritornato a quota 100. Ci sono naturalmente punte che svettano, come la Svezia a 148, la Germania a 127 e la Gran Bretagna a 126. Il danno patrimoniale inferto alle famiglie italiane è stato enorme. Se applicassimo al patrimonio immobiliare delle famiglie italiane la caduta di 15 punti dell’indice dei prezzi delle abitazioni registrato tra il 2010 e la fine del 2016, troveremmo che la perdita rispetto al valore corrente, allora stimato in 4961 miliardi di euro, è stata di ben 744 miliardi di euro. Ipotizzare ora una nuova patrimoniale immobiliare sulla prima casa sarebbe una catastrofe.

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