Mansarda condominiale: incorporazione arbitraria e poteri dell’amministratore

Secondo la Cassazione civile le azioni reali da esperirsi contro i singoli condomini (o contro terzi) e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell’edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l’amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 n. 4 cod. civ.), possono essere esperite dall’amministratore solo previa autorizzazione dell’assemblea, ex art. 1131, primo comma, cod. civ., adottata con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 dello stesso codice (Cass., Sez. II, 3 aprile 2003, n. 5147; Cass., Sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3044). Nelle azioni relative ai diritti autodeterminati, quali i diritti assoluti come la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma oggetto, essendo superflua la dimostrazione degli atti e dei fatti da cui dipende il diritto anelato. “Ne consegue che l’allegazione, nel corso del giudizio di rivendicazione, di un titolo diverso (nella specie, usucapione) rispetto a quello (nella specie, contratto), posto inizialmente a fondamento della domanda, costituisce solo un’integrazione delle difese sul piano probatorio e non determina, quindi, la novità della domanda né la rinuncia alla valutazione del diverso titolo dedotto in precedenza” (Corte di Cassazione, 21 novembre 2012, n. 20558).

Il condominio citava in giudizio la proprietaria della porzione del quinto piano (con annessa area di solaio adibita a mansarda), alla quale, in sede di acquisto, veniva riconosciuto anche il godimento esclusivo del terrazzo prospicente l’area mansardata, sulla quale, tuttavia, insisteva una servitù di accesso condominiale. Il giudice di primo grado riscontrava un’appropriazione indebita di un’area comune del condominio, idonea a pregiudicare in modo rilevante e apprezzabile l’utilizzo degli altri partecipanti, anche se la proprietaria aveva lasciato una piccola via di accesso alla mansarda mediante una scaletta “disagevole e pericolosa”. Tali statuizioni venivano confermate in toto anche dalla Corte di Appello cui la convenuta in prima istanza ricorreva. Per la Cassazione l’area in contestazione riguarda parte del vano scale e gli ultimi tre gradini della originaria scala in legno che collegava, assieme al pianerottolo, il vano alla porta di accesso al terrazzo condominiale, vale, ai fini della prova della proprietà comune in campo ai condomini, la norma dell’art. 1117 cod. civ., relativa alle parti dell’edificio che, in difetto di prova contraria (da fornirsi ad opera del condomino), debbono presumersi comuni.

 

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