Nel civilissimo Piemonte va in rovina la residenza di Cavour

Una ferita al paesaggio meraviglioso del «mare a quadretti», le risaie allagate che riflettono la corsa delle nubi nel cielo, e poi diventano verde accecante, quindi giallo, e marroni, e di nuovo azzurre, e grigie, e bianche. Un’offesa all’agricoltura — scrive il Corriere Tv — dove per secoli il riso ha trasformato la terra in oro. Soprattutto, un insulto alla memoria del Paese. Un insulto ancora grave, perché a insultare se stesso è proprio lo Stato. C’è tutto questo nel borgo di Leri, a pochi chilometri da Trino, nella Provincia di Vercelli. Lo dice la centrale elettrica ormai tristemente spenta, con le sue enormi torri che sovrastano inquietanti una mingherlina chiesetta del Settecento con i suoi delicati mattoni rossi. Lo confermano i 160 ettari di fertilissimo terreno coperto da inerti e cemento. Lo ricordano i muri diroccati della casa padronale, un gioiello di architettura settecentesca che si sbriciola nell’indifferenza di Roma. Vi chiederete: qual è la novità? Siamo pieni di dimore storiche in rovina. Sì, ma questa non è una delle tante. Era la residenza di Camillo Benso conte di Cavour, l’artefice dell’unità d’Italia.

Qui c’era anche una statua di gesso, come quelle che nell’Ottocento, in Piemonte, erano comuni. Una copia di quella che sta in piazza a Vercelli, opera degli scultori Ercole Villa e Giuseppe Argenti. Soltanto che questa era senza la testa. L’avevano scoperta così una mattina. La testa staccata di netto, stessa tecnica dei macellai dell’Isis. Anche se i fanatici del califfato non erano ancora nati e i responsabili erano di sicuro autoctoni. Ladri, vandali, balordi? Chiunque sia stato, la testa non si è più trovata. Scomparsa, come le porte, i gradini di marmo, i camini, le tegole dei tetti, perfino il balcone. Perfino il portone: l’hanno caricato su un furgone e se lo sono portato via. Una devastazione senza limiti. Non si può immaginare come sia stato possibile consentire che venisse ridotto in quello stato un bene sul quale grava un vincolo della Soprintendenza ai beni artistici. Nel civilissimo Piemonte, nella stessa terra di Cavour, conclude l’inserto del Corriere della Sera.

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