La lezione del Friuli a 40 anni dal terremoto
Era il 6 maggio 1976, ore 21, quando vennero rasi al suolo 45 Comuni tra cui Gemona, Osoppo nel Friuli, devastati altri 40 con quasi mille morti, 2607 feriti. La scossa di 6,4 gradi della scala Richter ebbe un seguito tre mesi dopo. Miliardi di danni, 18 mila edifici distrutti, 75 mila danneggiati. I friulani non si abbatterono, si misero all’opera con tenacia e determinazione. Con l’aiuto di volontari e studenti di archeologia ogni pietra fu numerata e schedata in base alla sua traiettoria di caduta, identificata nella sua collocazione originale sulla scorta dello sviluppo grafico dei rilievi fotogrammetrici. Una carta d’identità con l’indicazione delle misure, delle quote, dello stato di conservazione di ogni facciata, con un corredo completo di documentazione grafica e fotografica.
Dieci anni dopo il sisma gli edifici riparati erano 74.096, quelli ricostruiti 16.276. Questo è il miracolo del Friuli, merito anche del Commissario straordinario Giuseppe Zamberletti, un personaggio politico all’antica, al governatore Antonio Comelli e all’architetto Luciano di Sopra che pensarono prima a ricostruire le fabbriche, riattivare la produzione, e quindi le case, senza trasferire la popolazione in una “new towen” di prefabbricati come inizialmente previsto tra Udine e Pordenone. I friulani non accettarono quel modello e misero in piedi i capannoni per riprendere la produzione, si misero a ricostruire gli edifici. Un esempio di straordinari sacrifici con l’obiettivo di recuperare i materiali necessari alla ricostruzione. Il modello Friuli, ricordato dal Capo dello Stato Sergio Mattarella nella sua visita, poggiava sulla ripartizione dei compiti, l’efficacia dell’organizzazione, la massima fiducia nelle amministrazioni comunali, nella presenza non invadente dello Stato e della Regione. Non ci furono casi di appalti illegali o di corruzione pubblica. L’immagine a Venzone della chiesa di Sant’Andrea Apostolo come era allora dimostra la forza di una comunità capace di battere gli scettici e quanti teorizzavano l’abbandono delle zone.
La ricostruzione, ha ricordato Mattarella a Udine il 6 maggio 2016, è figlia della cultura di un intero popolo. “Fu l’orgoglio di chi non volle mai abbandonare la speranza di ricominciare. La fierezza di un popolo — ha aggiunto il presidente della Repubblica — che ha tenacemente voluto ricostruire fabbriche, case, chiese dov’erano e com’erano,con merito ai soccorritori accorsi da tutta Italia nelle settimane successive al sisma per aiutare la gente a rialzarsi”.
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