Mutui: Col “nuovo” Euribor qualche rischio per il tasso variabile

Euribor è una parola che gli italiani continuano inevitabilmente ad accostare ai mutui variabili che, nonostante la spiccata preferenza accordata negli ultimi mesi ai prodotti a tasso fisso, rappresentano pur sempre i due terzi dei prestiti immobiliari al momento in mano alle famiglie del nostro Paese. Certo — scrive Il Sole 24 Ore — ormai da qualche anno il parametro che serve a determinare il valore di ciascuna rata mese dopo mese non fa parlare più di sé, se non per il fatto di aver raggiunto un valore addirittura negativo. Oggi per la verità il grafico dell’Euribor somiglia a un encefalogramma piatto, e di volatilità ne vedremo probabilmente poca anche nel prossimo futuro, visto che la rimozione dello stimolo monetario del piano Draghi (che ha contribuito al crollo sottozero dei suoi valori) avverrà a un ritmo estremamente graduale e per vedere il primo rialzo dei tassi da parte della Bce occorrerà attendere almeno la seconda metà del 2019. Ma la durata di un mutuo è per definizione pluridecennale, quindi si dovrà mettere pure in conto un ritorno a situazioni di mercato più «normali» rispetto alla situazione attuale artificialmente creata dalla liquidità immessa dalle Banche centrali: fasi dettate dal ciclo economico che, per definizione, sono necessariamente più movimentate. Al di là dell’eterno dilemma fra fisso e variabile, che in linea di massima non dovrebbe essere influenzato dal metodo di calcolo del tasso, il suggerimento degli operatori sarebbe di orientarsi verso un prodotto che determina la rata rilevando il parametro di riferimento (Euribor, ma anche Irs) non sulla base di una singolo valore giornaliero, ma su una media di periodo, mensile o addirittura trimestrale.

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