Mutui, conviene il tasso fisso o variabile?

Il mutuo a tasso fisso ha rotto (al ribasso) la barriera dell’1,5 per cento. Alcuni istituti offrono mutui con un Tan (Tasso annuo nominale, a cui poi aggiungere eventuali altri costi per arrivare al Taeg) sotto questa soglia. Ovviamente le offerte più aggressive riguardano anche le durate più basse (10 anni) per il semplice fatto che gli indici Irs (dal cui andamento dipende a quale tasso verrà fissato il mutuo nel giorno della stipula) sono più bassi in proporzione alla durata. Ad esempio — scrive Il Sole 24 Ore — se l’Irs a 20 anni quota lo 0,9%, l’Irs a 10 anni in questo momento è allo 0,4%. All’Irs poi la banca aggiunge uno spread (che costituisce il margine lordo dell’operazione di prestito per la banca) e sommando i due addendi si arriva appunto al Tan. Comunque a parità di spread è la differenza degli Irs di periodo a spiegare perché oggi un mutuo a 10 anni costa anche meno dell’1,5% e uno a 20 anni circa 5o punti base (0,5%) in più. Questo argomento — continua Il Sole 24 Ore — ci aiuta a capire che il costo dei mutui dipende non solo dallo spread deciso dalla banca ma anche da altri due fattori decisivi: 1) la durata (tendenzialmente più è lunga la scadenza più il tasso finale sale); 2) il loan to value (ovvero quanto si chiede in relazione al valore dell’immobile: se ad esempio chiedo un mutuo di 80mila euro su un immobile che ne vale 100mila, chiedo un mutuo pari all’80% del valore dell’immobile). C’è un altro punto su cui sarebbe bene aprire una parentesi. Il fattore T, ovvero il tempo. Chi è orientato al tasso fisso (tanto alla stipula di un nuovo mutuo quanto alla surroga, cioè a spostarlo presso un’altra banca che offre condizioni migliori) non deve sottovalutare il timing dell’0perazione. Perché, molto semplicemente, gli Irs sono indici di mercato che fluttuano ogni giorno (dal lunedì al venerdì). E possono subire anche variazioni non da poco.

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