Vivere per scelta in 20 metri quadrati: ecco cosa si rischia
Ultimamente le micro case vengono proposte come la scelta di vita più sostenibile in assoluto. Vivere in uno spazio minimo, rinunciando a tutti i vizi, gli sprechi e le contraddizioni della nostra società, riducendo al minimo il consumo di suolo e raggiungendo l’autosufficienza energetica di sicuro è una scelta green. Ma quanti riescono davvero ad affrontare tutti i sacrifici e le privazioni della vita in venti metri quadrati? Architetti, psicologi e designer hanno spiegato al “The Globe and Mail” come le micro case creino problemi di tipo sociale e sanitario. La prima delle bugie sulle abitazioni piccolissime è il fatto che resistere è quasi impossibile. La maggior parte dei proprietari di una casa container, di un micro loft o di una eco-cabin spesso ha un’altra abitazione ed utilizza quella minuscola per i weekend o le vacanze. Un altro problema legato alle micro case è dovuto all’incapacità degli esseri umani di sopravvivere in spazi sovraffollati. “Tutti hanno bisogno del loro spazio — spiega Dak Kopec, docente di Design per la salute umana al Boston College — La mancanza di spazio è stata collegata alla depressione, all’alcolismo e allo scarso rendimento scolastico nei bambini”. La psicologa Susan Saegert, docente di Psicologia ambientale presso la City University di New York, aggiunge: “Non riesco ad immaginare nessuno con bambini piccoli che non diventi pazzo in una mini abitazione”. All‘aspetto psicologico bisogna aggiungere quello sanitario: vivere in quattro in venti metri quadrati non può essere salutare. Nelle micro casa mancano la luce e l’aria fresca , se non vogliamo trovarci ad avere i problemi respiratori, le allergie e le patologie delle persone costrette in spazi minuscoli per motivi economici, dobbiamo ricominciare a pensare alle abitazioni delle giuste dimensioni.