Ma come va il debito pubblico?

 

Nella nota di aggiornamento del Def (Documento Economico e Finanziario) varato dal governo Renzi ad ottobre 2015 si prevede di far scendere il debito pubblico dal picco del 132,8% del Pil a quota 123,4 nel 2018. In una nota del 4 gennaio del ministero dell’Economia si afferma “che i conti del 2015 sono in linea con gli obiettivi. Il fabbisogno del 2015 è stato pari a 60 miliardi, 15 in meno rispetto al 2014 grazie a maggiori incassi fiscali e a minori interessi sul debito pubblico, nonostante una maggiore spesa per le pensioni (dopo la Corte Costituzionale) e maggiori rimborsi fiscali”.

A parte le questioni della differenza tra fabbisogno pubblico e debito c’è il fatto che il Tesoro ha incamerato le giacenze liquide delle Camere di Commercio e il riacquisto delle obbligazioni di alcune Regioni. Per debito pubblico s’intende la consistenza del debito del settore pubblico inclusi il debito fluttuante e di altri debiti a breve e l’indebitamento verso la Banca d’Italia e l’Ufficio cambi italiano. Per fabbisogno s’intendono i mezzi per coprire il fabbisogno del settore pubblico che sono: emissioni di titoli a medio e lungo termine, emissione di buoni ordinari del Tesoro (Bot), ricorso all’indebitamento estero, copertura ad opera del tesoro, utilizzo del conto corrente di tesoreria.

Per tutti gli anni Settanta e metà Ottanta la principale fonte di finanziamento era quella di tipo monetario (finanziamento al Tesoro della Banca d’Italia mediante anticipazioni su conto corrente di tesoreria e acquisto titoli di Stato eccedenti. Da allora la principale fonte di finanziamento è costituita da titoli di Stato. Cosa è successo negli ultimi tre anni? L’ultimo Bollettino della Banca d’Italia certifica che ad ottobre 2015 il debito pubblico era di 2.211,8 miliardi. Ecco la sequenza: nel 2013 parte da 2.022,7 miliardi di gennaio, sale fino a 2.070,7 a maggio, scende a 2.060 ad agosto, risale a 2.104 a novembre e si attesta a 2.068,9 a dicembre; nel 2014 parte da 2.089, 5 a gennaio, sale fino a 2.168,4 a giugno, scende a 2.134 a settembre, risale a 2.160,1 a novembre, si attesta a 2.134,9 a dicembre; nel 2015 parte da 2.167 a gennaio, sale fino a 2.218, 2 a maggio (record), scende a 2.203,6 a giugno, a 2.199,2 a luglio, a 2.184,7 ad agosto, risale a  2.191,7  a settembre e a 2.211,8 a ottobre.

Il debito pubblico potrà scendere nei prossimi due anni al 123,4 del Pil come sostiene il ministro Pier Carlo Padoan? Ad una sola condizione: che la crescita nel 2016 e 2017 (reale non nominale) superi il 2 per cento del Pil. Il 2015 si è chiuso però con un + 0,8%. Le previsioni del governo per il 2016 sono dell’1,6% mentre 19 Paesi dell’Eurozona hanno avuto una crescita totale media del 2,1%.

L’effetto Draghi  quanto potrà portare in più? E quale sarà il prezzo dell’instabilità mondiale (guerre, rallentamento dell’economia cinese)? Per la Confindustria nei forzieri di Francoforte ci sono 700 miliardi parcheggiati dalle banche. Secondo gli esperti di viale dell’Astronomia le banche del vecchio continente avrebbero utilizzato gli acquisti (ad interessi stracciati) del Quantitive easing (60 miliardi di euro al mese di acquisti di titoli di Stato che proseguiranno oltre settembre 2016) soprattutto per alleggerire i loro portafogli titoli. La liquidità ricavata sarebbe stata parcheggiata presso l’Eurotower. I dati derivano dal Rapporto della Confindustria utilizzato da Sergio Mattarella per parlare di una evasione in Italia di 122 miliardi di euro.

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