Sette anni di piano casa: il bilancio

 Il Sole 24 Ore ha provato a fare un bilancio Regione per Regione dell’attuazione del cosiddetto “piano casa” posto in essere dal governo Berlusconi nel 2009, tra proroghe, incentivi, agevolazioni e quant’altro. Si prescinde da qualsiasi valutazione riguardo all’impatto sul territorio e sull’ambiente di norme che in buona sostanza consentivano e consentono d’ingrandire gli immobili fino al massimo del 25 %; qualche Regione l’ha portato al 50 %, mentre altre hanno allentato i vincoli con l’estensione degli interventi ai centri storici, con l’esenzione dagli oneri d’urbanizzazione, ma anche con miglioramenti soltanto fittizi ai fini del risparmio energetico. Si aggiunge che tutte le Regioni, salvo la Lombardia e l’Emilia-Romagna nelle quali i risultati sono stati pressoché nulli, hanno prorogato l’efficacia delle norme relative al piano casa, mentre alcune le hanno rese permanenti (Liguria, Umbria, Valle d’Aosta e Province di Trento e Bolzano). Gli accenni ad alcuni mutamenti intervenuti nell’attuazione del piano al cambio d’indirizzo politico in alcune  Regioni completano un quadro sicuramente interessante.

Tanto per avere un’idea della diversa attenzione e quindi dei possibili risultati in termini d’efficacia nelle varie Regioni, baserà ricordare che il record di domande spetta al Veneto con 83.000 tra 2009 e 2015 mentre il minimo si è verificato in Toscana con 13 nel 2015; per il resto si va dalle 8.096 domande nel Lazio, in 3 anni, ai 400 interventi nel 2013 in Lombardia, ai 789 nel 2011 e 1137 nel 2013 in Campania. In percentuale assoluta il dato fornito è un calo delle domande dal 2009 al 2013 del 67 %, che il Sole 24 Ore accompagna con la complessiva considerazione che sono allontanati “certamente i timori di chi temeva colate di cemento senza controllo urbanistico”, con la conseguenza che eventuali approfondimenti ben possono eventualmente limitarsi a singoli casi di permissività od abuso.

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