L’ascensore esterno non può ledere la veduta del singolo condomino

Secondo la Cassazione Civile, sez. II, sentenza 10/03/2016 n° 4726, nell’uso della res communis non è possibile alterarne la destinazione, «sicché solo le modificazioni di questa, in quanto consentono il pari uso secondo il diritto di ciascuno, rientrano nella previsione legale, mentre è vietata ogni diversa attività innovatrice».

La vicenda origina nel lontano 1994, allorché la condomina di un caseggiato ubicato a Cortina d’Ampezzo evocava in giudizio l’amministratore di condominio ed i singoli condomini a causa dei lavori di realizzazione di un impianto di ascensore esterno. Il volume della gabbia dell’ascensore pregiudicava la visuale delle finestre di alcuni appartamenti di cui l’attrice era comproprietaria. Ella agiva, pertanto, per ottenere la sospensione dei lavori, chiedeva la demolizione della gabbia ed il ristoro di tutti i danni patiti. In primo grado le domande dell’attore venivano accolte ed il giudice condannava i convenuti alla demolizione del manufatto oltre al risarcimento del danno ed alle spese di lite. La sentenza veniva confermata anche in appello. In particolare, i giudici di merito rilevavano come la delibera assembleare, con la quale si approvava la costruzione di un impianto esterno, fosse affetta da nullità, giacché la gabbia ledeva il diritto di proprietà esclusiva della condomina, limitandone la visuale e ponendosi ad una distanza non regolamentare dalle finestre. Con l’edificazione della gabbia, secondo i giudici, si è travalicato il limite entro il quale ciascun compartecipe alla comunione può servirsi della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 c.c. Nel caso di specie la costruzione del manufatto risultava lesiva del diritto di veduta; tale diritto si sostanzia nella facoltà del proprietario all’inspectio ed alla prospectio, vale a dire alla possibilità di guardare e sporgersi sul fondo altrui, non solo frontalmente ma anche obliquamente e lateralmente.

 

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