BONUS EDILIZI: LA NUOVA FRONTIERA DEI REATI DI EVASIONE FISCALE

di Leonardo Lastei*

E’ dello scorso dicembre la notizia, dettagliatamente riportata sugli organi di stampa (si veda il Sole 24 Ore di lunedì 10 gennaio 2022) di un maxi sequestro per 1,2 miliardi di euro operato dal Nucleo di polizia economico­ finanziaria di Roma, che, su mandato dei pm capitolini, ha fatto emergere una anomala circolarità di fatture false per lavori edili mai effettivamente svolti.

Il meccanismo della truffa prevedeva che, mediante una serie di operazioni fittizie orchestrate sin dall’inizio e in modo pianificato, si comunicavano all’Agenzia delle Entrate crediti d’imposta inesistenti i quali, contestualmente, venivano ceduti alle società collegate, per quello scopo costituite. Questi crediti venivano poi, a loro volta, ripetutamente ceduti a terzi, per essere infine monetizzati mediante l’ulteriore cessione a taluni dei “grandi acquirenti” che operano in questo mercato (Poste Italiane, Cassa Depositi e Prestiti, ecc.): in buona sostanza, nessuno svolge i lavori, ma le fatture per poter accedere al bonus edilizio 110% vengono egualmente emesse e fatte poi ripetutamente “circolare” al fine di renderne più difficile l’individuazione. Si sarebbe giunti a configurare le ipotesi di reato a seguito di segnalazione dell’Agenzia delle Entrate, nonché all’esito di approfondite attività di analisi effettuate mediante le banche dati e successivi, immediati approfondimenti da parte del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Roma. Vale al riguardo specificare quale sia la procedura operativa introdotta dal 2020 in materia di incentivi agli interventi edilizi e quali siano le possibili conseguenze applicative – in caso di operazioni fraudolente – sul fronte penale tributario. I crediti d’imposta maturati per effetto dei vari “bonus” possono circolare mediante cessioni, anche ripetute, che consentono la fruizione all’acquirente (“cessionario”), qualora il trasferimento del credito risulti da comunicazione, con apposito modello, alla Piattaforma Cessione Crediti dell’Agenzia delle Entrate. Tali crediti, qualora risultino fondati su false rappresentazioni e quindi siano inesistenti, costituiscono corpo del reato, in quanto “prodotto” dello stesso e sono altresì intrinsecamente illeciti e suscettibili di confisca obbligatoria. «Gli approfondimenti svolti — si legge nel decreto di sequestro — hanno fatto emergere l’inesistenza dei crediti d’imposta ceduti e l’assoluta evanescenza delle società coinvolte nelle operazioni di cessione, le quali risultano amministrate da meri prestanome ed operano nella completa inosservanza delle norme fiscali (omesse dichiarazioni, omessi versamenti, ecc.)». Questo l’articolato modello, predisposto per compiere illeciti per diversi milioni di euro, che accende la spia su possibili manovre fraudolente ordite in sede di ottenimento e successiva fruizione dei c.d. “bonus edilizi”. Ovvio allora prestare particolare attenzione, nel concreto svolgimento della gestione condominiale, alle fattispecie delittuose configurabili in relazione alle diverse ipotesi di svolgimento (o meno) dei lavori. La fattispecie più immediata – anche se meramente scolastica in quanto presupporrebbe una (pericolosa) connivenza illecita della ditta esecutrice dei lavori, di chi li riceve e degli attestatori – si verifica allorché i lavori commissionati non vengano svolti in concreto o riguardino interventi del tutto differenti rispetto a quelli previsti per l’accesso al beneficio e indicati nelle fatture della ditta fornitrice. L’altra situazione, più frequentemente configurabile, attiene ai casi in cui i lavori descritti in fattura siano stati effettivamente eseguiti, ma il costo venga sovrastimato per fruire di un maggiore credito di imposta rispetto a quello realmente spettante o per ottenere, a fronte della medesima spesa, anche l’esecuzione di lavori non ammessi al beneficio. Principio fondamentale, ai fini dell’individuazione dei soggetti in concreto coinvolti nell’illecito, è che la responsabilità penale implica la consapevolezza dell’aver compiuto un reato. Occorre quindi definire quanto un condomino piuttosto che l’amministratore di condominio o l’impresa esecutrice dei lavori, abbia partecipato attivamente alla consumazione dell’illecito o ne sia stato quanto meno consapevole. Si pensi per esempio alla sovrafatturazione dei lavori: la posizione di un condomino (in un condominio numeroso), all’oscuro delle modalità di quantificazione dei prezzi, sarà certamente differente rispetto a quella di un condomino che ha ricevuto lavori ulteriori rispetto a quelli oggetto del beneficio senza pagare in più o rispetto a chi ha concordato con l’impresa valori “gonfiati”.

Nelle ipotesi esposte potrebbero configurarsi operazioni inesistenti oltre che, a determinate condizioni, indebite compensazioni. Infatti, secondo l’articolo 1 del Dlgs 74/2000, per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, si intendono quelli emessi a fronte di operazioni:

  1. a) non realmente effettuate in tutto o in parte;
  2. b) che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore al reale;
  3. c) che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

In capo all’impresa che esegue i lavori e quindi emette le fatture è configurabile il delitto previsto dall’articolo 8 del Dlgs 74/2000, in base al quale è punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione, emette o rilascia fatture per operazioni inesistenti.  Nel caso in cui l’importo non rispondente al vero sia inferiore a centomila euro, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Fermo restando la necessità della consapevolezza dell’illecito, di cui si è detto in precedenza, per colui che ha beneficiato dei lavori e quindi ha ricevuto le fatture:

  1. a) se le ha indicate in dichiarazione (si pensi al caso di un’impresa o di una persona fisica che detrae l’imposta) si configurerebbe lo speculare delitto di dichiarazione fraudolenta (punito analogamente all’emissione);
  2. b) se, invece, si tratta di persona fisica non soggetto Iva che non ha indicato in dichiarazione la fattura, si potrebbe configurare il concorso nel precedente reato di emissione, commesso dall’impresa edile.

Ovviamente, gli utilizzatori del credito acquistato (banche, finanziarie eccetera), se ignari degli illeciti penali commessi da impresa e beneficiario dei lavori, non rischiano tali gravose conseguenze.Vale sul punto aggiungere che, proprio nei giorni in cui questo articolo è stato redatto, il Consiglio dei ministri riunitosi il 21 gennaio, ha introdotto una modifica alla bozza dell’art. 26 del decreto legge “Sostegni ter”, che vieta le cessioni dei crediti d’imposta dopo il primo passaggio. La cessione del credito, quindi, sarà possibile una sola volta, dopo di che il cessionario dovrà necessariamente monetizzare il titolo senza che abbia più diritto a cederlo nuovamente. Questo il testo della norma che vale citare nella sua completezza: “i crediti che al 7 febbraio 2022 sono stati già oggetto di cessione o dello sconto in fattura, possono costituire oggetto esclusivamente di una ulteriore cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, nei termini previsti. In caso di violazione delle nuove regole i contratti di cessione saranno dichiarati nulli. Per i crediti che andranno a formarsi dopo l’entrata in vigore del provvedimento, sarà comunque possibile una sola cessione in assoluto. Allo stesso modo, i fornitori che decidono di praticare lo sconto in fattura potranno cederlo ad altri soggetti ma a questi ultimi sarà impedito di cederlo ulteriormente”.

*Avvocato, Consulente ARPE

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