INDENNITÀ OCCUPAZIONE SINE TITULO CHI DEVE PROVARE COSA?

La Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. un., 15 novembre 2022, n. 33645) si è recentemente pronunciata per dirimere il contrasto giurisprudenziale in materia di indennità da occupazione abusiva, affermando il principio di diritto per cui ‹‹nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta››.

Sul punto occorre rilevare che appena pochi mesi prima il Tribunale di Busto Arsizio (Trib. Busto Arsizio, sez. III civ., 2 agosto 2022, n. 1186, dott. Paganini) assumeva una posizione diversa (se non addirittura contraria), rigettando la richiesta di indennità avanzata dal proprietario di un fondo occupato da parti condominiali, in quanto l’attore non aveva provato il danno sofferto a causa dell’occupazione.

Nello specifico, la controversia riguardava la difformità tra la porzione di terreno di proprietà di un condomino, risultante dai documenti catastali, e lo stato di fatto dei confini tra l’unità immobiliare di sua pertinenza e le parti comuni. Era infatti presente una recinzione che ricomprendeva una porzione della proprietà dell’attore nel passaggio comune e nella rampa di accesso ai box del condominio convenuto, impedendogli di usufruire in via esclusiva della propria proprietà.

L’attore domandava dunque l’accertamento giudiziale dei confini e conseguentemente la condanna del condominio al rilascio del terreno occupato abusivamente e al ripristino dei corretti confini a loro cure e spese.

Inoltre, parte attrice domandava al giudice di condannare il condominio a risarcirla per l’illegittima occupazione del terreno.

L’attore, dunque, agiva attraverso due forme di tutela del diritto di proprietà: la tutela reale e la tutela risarcitoria.

Il Tribunale, in primis, accoglieva la domanda relativa al regolamento di confini, ex art. 950 cod. civ., basandosi sulle risultanze delle mappe catastali e sulla relazione prodotta dal CTU, che individuava la porzione di terreno sottratta alla disponibilità dell’attore in 3,35 mq. L’autorità giudiziaria condannava quindi parte convenuta a ripristinare la corretta linea di confine a proprie cure e spese.

In relazione alla richiesta di risarcimento, il Tribunale di Busto Arsizio richiamava due opposti orientamenti giurisprudenziali. Secondo una prima visione, il danno da occupazione sine titulo è in re ipsa, configurandosi in virtù della menomazione del godimento del bene da parte del proprietario, senza necessità di provare il danno sofferto. Questo orientamento discende dalla natura fruttifera del bene e dal fatto che, di conseguenza, il proprietario non abbia potuto trarre un’utilità o un reddito dall’area occupata.

Il Tribunale aderiva ad un altro orientamento, che «esclude che possa riconoscersi al pregiudizio da occupazione sine titulo la natura di danno in re ipsa e che, per converso, onera il danneggiato di dare prova del danno medesimo, con la precisazione, tuttavia, che tale prova può essere fornita anche in via presuntiva». Ulteriormente, la natura del bene occupato, una piccola porzione di terreno del giardino privato della proprietà dell’attore, «di per sé sola non avrebbe potuto certamente essere considerata avere natura fruttifera né è pensabile una sua autonoma utilità separatamente dal resto dell’immobile al quale la stessa accede».

Il Tribunale rigettava la domanda di condanna al pagamento dell’indennità ritenendo non assolto l’onere, in capo al danneggiato, di provare il danno lamentato. L’attore si limitava infatti a domandare la condanna al risarcimento, senza provare il pregiudizio subito in virtù dell’occupazione né i criteri utilizzati per la quantificazione della somma richiesta a titolo di indennità.

La pronuncia, specialmente alla luce del recentissimo orientamento della Suprema Corte, sembra piuttosto discutibile. Il Tribunale probabilmente decideva in questo senso in virtù, soprattutto, della limitatezza della superficie occupata abusivamente nella fattispecie esaminata. Sarà però interessante osservare come si orienteranno d’ora in avanti le Corti di merito sulla questione.

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