Fallita la mediazione, il termine per impugnare decorre ex novo?

Non sembra condivisibile conferire alla comunicazione della relativa istanza una sorta di effetto “impeditivo-sospensivo” del termine di decadenza, perdurante fino alla consacrazione della mancata conciliazione

di Alberto Celeste *

Con una recente, innovativa, decisione – che disorienterà non poco gli operatori del settore – il Tribunale di Palermo ha affermato che la comunicazione, da parte del condomino impugnante, della domanda di mediazione al condominio impedisce sì la decadenza di 30 giorni contemplata dall’art. 1137, comma 2, c.c., ma, in caso di fallimento della relativa conciliazione, dal deposito del verbale negativo non decorre nuovamente per intero il medesimo termine (v. sent. n. 4915 del 19 settembre 2015).

Questa è la tempistica della fattispecie esaminata: il 27/5/2014 era stata adottata una delibera, notiziata all’attore il successivo 29/5/2014 in quanto assente all’assemblea; essendo tenuto, stante la condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, a esperire preventivamente il procedimento di mediazione, lo stesso condomino aveva comunicato la relativa istanza al condominio il 26/6/2014, ossia 28 giorni dopo la trasmissione del verbale assembleare; in data 17/9/2014, il mediatore aveva depositato presso la segreteria dell’organismo prescelto il verbale in cui si dava atto della mancata riuscita della conciliazione; il condomino impugnava la delibera (asseritamente annullabile) con atto di citazione notificato il 17/10/2014; il magistrato siciliano dichiarava, però, “inammissibile” la domanda, perché l’impugnante avrebbe dovuto «iscrivere a ruolo la causa entro i 2 giorni a lui rimanenti per promuovere l’azione giudiziaria, quindi non oltre la data del 19/9/2014, e non dopo un mese dalla suddetta perentoria scadenza».

Tale convincimento si basa sull’assunto, non condivisibile, per il quale, dalla data del deposito del verbale negativo di mediazione, «riprendeva a decorrere il termine dei 30 giorni previsto ex lege per l’impugnazione della delibera»: in buona sostanza, proponendo la mediazione, tale termine registrava una mera sospensione, per cui, chiusa la parentesi del procedimento di mediazione, non decorreva l’intero termine di 30 giorni ma quello residuo, ossia detratto quanto già consumato in precedenza.

Per capire appieno la questione giuridica sottesa, occorre prendere le mosse dal dettato normativo, delineato dall’art. 1137 c.c. (lievemente ritoccato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), dall’art. 71-quater disp. att. c.c. (inserito ex novo dalla Riforma entrata in vigore il 18 giugno 2013) e dall’art. 5 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 (rivitalizzato dal c.d. decreto del fare 2013).

Il primo disposto stabilisce, al comma 2, che, «contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di 30 giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data della deliberazione per gli assenti».

A sua volta, l’art. 71-quater disp. att. c.c. chiarisce che, «per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice».

Infine, l’art. 84 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ribadisce l’obbligatorietà della procedura di mediazione per la materia condominiale, nel senso che chi intenda esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio – in primis, l’impugnazione della delibera assembleare – è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del medesimo d.lgs. n. 28/2010.

La prima criticità del procedimento di mediazione, “calato” nel giudizio di impugnazione della delibera condominiale, riguarda il rispetto del termine di decadenza di 30 giorni di cui all’art. 1137, comma 2, c.c., contemplato per le sole statuizioni annullabili (che sono, peraltro, quelle statisticamente più frequenti).

Invero, il comma 6 dell’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 stabilisce che, «dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale», aggiungendo che, «dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo».

Applicando queste disposizioni alle impugnazioni delle delibere condominiali di cui all’art. 1137 c.c., qualora si intenda iniziare la procedura di mediazione prima dell’instaurazione del giudizio, occorre dunque fare bene attenzione alla data di comunicazione (e non mera presentazione) della relativa domanda alla controparte, al fine del rispetto del termine di decadenza ivi previsto.

Per evitare che il tempo occorrente per l’espletamento del procedimento di mediazione possa risultare pregiudizievole per la parte istante, il d.lgs. n. 28/2010 ha solo previsto che la «comunicazione della domanda di mediazione» interrompe i termini di decadenza del diritto oggetto della medesima domanda, con la ragionevole precisazione – al fine di evitare il rischio di uno spostamento sine die di tale termine attraverso la proposizione successiva di più domande di mediazione e, quindi, la sostanziale reiterazione strumentale della stessa – che il termine di decadenza può essere impedito in tal modo «una volta sola».

Il problema è che la fissazione del primo incontro davanti al mediatore non dipende dalla parte ma dall’organismo di mediazione, potendo succedere che tale fissazione avvenga dopo che sono decorsi i termini brevi di decadenza di 30 giorni per l’impugnazione delle delibere di cui all’art. 1137 c.c.: invero, tale termine decorre inesorabilmente dalla delibera per il condomino dissenziente (o, al più astenuto) e dalla comunicazione della stessa delibera per il condomino assente, ma entro lo stesso termine l’impugnante non deve limitarsi a dare corso alla procedura di mediazione, poiché la domanda di mediazione va anche portata a conoscenza della controparte.

Attese le conseguenze così pregnanti per la parte proponente la procedura di conciliazione, l’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28/2010 prevede che la domanda di mediazione possa essere comunicata direttamente alla controparte «anche a cura della parte istante»: quindi, di regola, la domanda viene comunicata dall’organismo, fatta salva la possibilità per la parte istante di farsi carico direttamente della comunicazione per garantirsi l’interruzione del termine decadenziale di cui all’art. 1137 citato.

Al riguardo, stante la natura ordinatoria del termine di 15 giorni per la fissazione dell’incontro di mediazione e per la comunicazione alla controparte (art. 8, comma 1), gli organismi si potrebbero cautelare, attraverso opportune previsioni regolamentari, imponendo al proponente di segnalare, al momento del deposito della domanda, eventuali necessità di comunicazione urgente della stessa o, addirittura, in maniera più radicale, esonerando l’organismo (sempre e comunque) da qualsiasi responsabilità (e connesse pretese di risarcimento danni) per la tardività della comunicazione che abbia determinato eventuali decadenze.

Peraltro, ove il condomino impugnante voglia – o debba, secondo il regolamento dell’organismo – provvedere direttamente alla comunicazione della domanda, dovrebbe comunque attendere, a rigore, la designazione del mediatore e la fissazione della data dell’incontro ad opera del medesimo organismo, potendo, comunque, subire un ritardo da un’eventuale inerzia momentanea del soggetto deputato a tali incombenti.

In quest’ottica, sempre al fine di evitare conseguenze pregiudizievoli, potrebbe ipotizzarsi la possibilità di trasmettere, sùbito e separatamente, la domanda di mediazione alla controparte, ai fini interruttivi della decadenza, per poi comunicare, in un momento successivo, il nome del mediatore e la data del primo incontro, o attendere che a ciò provveda l’organismo di conciliazione.

Ragionare diversamente potrebbe far dubitare della legittimità costituzionale della disposizione de qua, poiché il meccanismo ivi contemplato comporta l’eventualità della perdita del diritto del condomino attore pur quando egli abbia presentato tempestivamente l’istanza, scontando senza colpa la lentezza dell’organismo di mediazione, del tutto sottratta alla diligenza del soggetto istante.

A questo punto, si inserisce la seconda criticità – oggetto della sentenza in commento – che interessa il momento successivo, ossia laddove la conciliazione non abbia … buon fine.

Dunque, una volta comunicata (in un modo o nell’altro) al condominio la domanda di mediazione, viene così impedita la decadenza «per una sola volta», ma se poi il tentativo fallisce, la domanda giudiziale di impugnazione della deliberazione assembleare deve essere proposta «entro il medesimo termine di decadenza» di 30 giorni di cui all’art. 1137, comma 2, c.c., ossia decorrente ex novo e per intero dal deposito del verbale di mancata conciliazione presso la segreteria dell’organismo.

Non appare conforme alla ratio e alla lettera dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28/2010, opinare che, ai fini dei 30 giorni di cui all’art. 1137 c.c., la mediazione operi come una causa di “sospensione”, nel senso che, alla cessazione del relativo procedimento, consacrata dal deposito del verbale negativo, il termine di decadenza, temporaneamente neutralizzato, «riprende a decorrere» dal punto di progressione che aveva raggiunto al momento della comunicazione della domanda di mediazione al condominio.

La comunicazione di tale domanda di mediazione è stata intesa come evento idoneo a impedire la decadenza da un diritto – segnatamente quello di impugnazione ai sensi dell’art. 1137 c.c. – non in quanto costituisca la manifestazione di una volontà sostanziale, ma poiché instaura un rapporto diretto a realizzare un accordo conciliativo: l’inizio della mediazione non vale a sottrarre definitivamente alla decadenza il diritto esercitato nell’ipotesi in cui il tentativo di conciliazione sortisca esito negativo, nel qual caso decorre un secondo, e ultimo, ma identico termine decadenziale (ossia 30 giorni e non uno di meno).

In altre parole, non sembra condivisibile conferire alla comunicazione dell’istanza di mediazione una sorta di effetto “impeditivo-sospensivo” del termine di decadenza, perdurante fino alla consacrazione della mancata conciliazione, alla stregua di quanto stabilito in tema di prescrizione dall’art. 2945, comma 2, c.c. – correlato al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio, il cui atto introduttivo ha prodotto l’effetto interruttivo – attesa, peraltro, l’operatività del disposto di cui all’art. 2964 c.c. che sancisce l’inapplicabilità ai termini di decadenza delle regole proprie della prescrizione.

D’altronde, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione – v. sent. n. 17781 del 22 luglio 2013 – sia pure nei giudizi volti al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per durata irragionevole del processo, che, quale diritto patrimoniale, può essere soggetto alla disciplina della mediazione, in aderenza alla comune ratio di deflazione del contenzioso giudiziario, hanno avuto modo di puntualizzare che la domanda di mediazione comunicata entro il termine semestrale di cui all’art. 4 della legge n. 89/2001 impedisce, “per una sola volta”, ai sensi dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28/2010, la decadenza dal diritto di agire per la medesima equa riparazione, potendo quest’ultimo essere ancora esercitato, ove il tentativo di conciliazione fallisca, “entro il medesimo termine di sei mesi”, decorrente ex novo dal deposito del verbale negativo presso la segreteria dell’organismo di mediazione.

* Magistrato

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