Il governo pensa di tagliare di 6 punti il cuneo fiscale dei neoassunti

Tagliare le tasse significa anche mettere più soldi in busta paga, riducendo il cuneo fiscale, ovvero la differenza tra costo lordo e netto del lavoro. Il governo ci pensa da tempo. E ora potrebbe accelerare. Un piano c’è, formulato la scorsa estate dall’allora consigliere economico del premier, il bocconiano Tommaso Nannicini, nel frattempo promosso a sottosegretario di Palazzo Chigi. E consiste — scrive la Repubblica — nel tagliare di sei punti il cuneo dei neo-assunti, tre punti a carico del datore e tre del lavoratore. Per sempre. Nannicini di recente è tornato a ribadire il concetto, espresso la prima volta in un editoriale sull’Unità del 18 agosto scorso. “Lo sgravio è una misura congiunturale, temporanea”, dice il professore in riferimento al bonus assunzioni varato dal governo lo scorso anno e valido per un triennio, riconfermato quest’anno, ma ridotto e per un biennio. “Ora si apre la partita del taglio strutturale al cuneo contributivo del tempo indeterminato, perché sempre e per tutti un contratto permanente pesi meno in termini di costo del lavoro“. Anche il viceministro Enrico Morando ha confermato l’ipotesi, definendola “un impegno che ci siamo presi”. E facendo capire che esistono due strade per attuarla: attraverso l’Irpef, diminuendo le aliquote, oppure tagliando i contributi previdenziali, ovvero gli accantonamenti per la pensione. La strada Irpef è molto costosa. Quella dei contributi dipende da come la si fa. L’idea di Nannicini, almeno nella sua formulazione estiva — continua la Repubblica — di fatto è a costo zero per le casse pubbliche. L’operazione può valere all’incirca 6 miliardi sul triennio (la metà del bonus lavoro del 2015). Ma questi contributi in meno non vengono compensati all’Inps dallo Stato, come di solito avviene per tutti gli sgravi sul lavoro. Al contrario, rappresentano un taglio secco sulle pensioni future: meno contributi versati, stipendio un po’ più ricco, ma assegno più povero in futuro.

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