Lavori sul Tevere: il primo fu l’imperatore Augusto

Vedere il Tevere, oggi intralciato da alberi, da fondali non dragati, invaso da topi, procedere lentamente verso la foce di Fiumicino fa rabbia e tristezza se la via d’acqua è paragonata alla Senna di Parigi, al Tamigi di Londra, al Danubbio di Vienna e Budapest. In due libri recenti del giornalista Roberto Toppetta e del prof. Arnoldo Marcone vengono illustrate la riorganizzazione della società romana a partire dal sistema politico e le opere pubbliche del fondatore dell’impero che cambiò la storia del mondo. In occasione del bimillenario della morte del Divus Augusto (morto a Nola il 19 agosto del 14 dopo Cristo) alcuni studiosi, tra cui il prof. Luciano Canfora, hanno ricordato che l’imperatore (di poche parole ma di tanti fatti) per rilanciare la potenza economica di Roma partì da un progetto semplice che era davanti agli occhi di tutti i cittadini: ripulire e allargare l’alveo del Tevere per frenare le inondazioni e renderlo navigabile. Il porto era a Ripetta davanti all’attuale ghetto ebraico.

All’epoca il Tevere era ostruito da detriti e l’espansione disordinata dell’edilizia ne comprometteva la fruibilità.  Augusto, secondo quanto scrive lo storico Svetonio, aveva trovato una città soggetta a incendi e crolli. Per renderla sicura si passò dal legno ai mattoni e ai marmi coinvolgendo i privati più ricchi. Augusto dette il buon esempio contribuendo di tasca propria nella realizzazione di alcune opere e invitò i cittadini romani ad investire i loro sesterzi in edilizia pubblica. Accanto all’edilizia venne sviluppata la mobilità (da allora tutte le strade partono o portano a Roma) risistemando completamente la via Flaminia fino a Rimini.

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