Edilizia agevolata: via ai ricorsi sull’applicazione del prezzo imposto per le vendite successive alla prima

Come ipotizzato all’alba della ormai storica sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 18135/2015, in tema di prezzo massimo di cessione degli alloggi edificati in regime di edilizia agevolata, si registrano presso i Tribunali capitolini — scrive Il Sole 24 Ore — i primi giudizi di risarcimento, che vedono coinvolti, oltre al venditore per la restituzione del prezzo eccedente, anche i notai e gli eventuali agenti immobiliari che abbiano assistito le parti nella compravendita. La questione si prospetta davvero delicata, tenuto conto che i numerosi venditori delle rispettive compravendite potrebbero essere chiamati a restituire somme ingenti, magari già utilizzate per far fronte all’acquisto di una nuova casa. Con una sentenza di ormai otto mesi fa la Cassazione ha infatti stabilito che il vincolo di prezzo, relativo agli immobili edificati in regime di edilizia agevolata, ceduti in proprietà superficiaria, segue l’immobile a titolo di onere reale «con naturale efficacia indefinita»: il prezzo indicato nelle compravendite immobiliari deve così ritenersi nullo per l’eccedenza e sostituito, di diritto, con quello rideterminato sulla base dei parametri della convenzione, anche per le rivendite successive alla prima da parte del costruttore. La sentenza si è subito rivelata di grande impatto sulle compravendite degli alloggi stipulate antecedentemente all’emanazione della sentenza, sulla base della prassi sino ad allora invalsa che voleva applicabile alla sola prima cessione i limiti alla determinazione del prezzo. In via di prima approssimazione, sulla base di dati parziali offerti dagli Uffici comunali, sono stati stimati in 200.000 gli acquirenti che hanno comprato ad un prezzo superiore a quello massimo imposto e dunque le potenziali cause che il principio di massima è idoneo ad ingenerare.

Delicato è in particolare — continua Il Sole 24 Ore — il ruolo dei notai che abbiano rogato le stipule. Sicuramente da escludere è una loro responsabilità di tipo “disciplinare” per violazione dell’art. 28 della legge notarile. Tale norma infatti, nel disporre che il notaio non può ricevere atti che siano «espressamente proibiti dalla legge», trova applicazione unicamente nel caso in cui la violazione sia manifesta, dovendosi invece escludere la sua applicabilità qualora l’interpretazione della legge sia discussa o equivoca. Nella situazione in esame, è indubbio che le oscillazioni giurisprudenziali – citate dalle stesse Sezioni Unite – che hanno caratterizzato la fattispecie non consentano di rendere inequivoca la nullità cui le compravendite vanno incontro, relativamente alla parte in eccedenza del prezzo, rimanendo dunque inapplicabile l’art. 28 della legge notarile. Per quanto concerne l’eventuale responsabilità civile, è difficile negare che il professionista che abbia rogato l’atto notarile, in un momento in cui tanto la prassi amministrativa quanto l’interpretazione giurisprudenziale prevalente erano univoche nell’escludere i vincoli di prezzo nelle compravendite immobiliari (come accadeva per le vendite stipulate sino a settembre 2015, data della sentenza sopra riportata), potesse dirsi autorizzato.

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