Tasse: il taglio c’è stato ma non si sente, la pressione fiscale è al 43,35%

Qualche giorno fa Matteo Renzi lamentava: «Nessun governo ha fatto quanto noi sulle tasse, ma i cittadini non stanno notando nessuna discesa». Forse perché nel giorno del ‘no Imu’ le imprese e le famiglie italiane (i conti sono della Cgia di Mestre) hanno dovuto sborsare 51,6 miliardi tra ritenute Irpef, Imu e Tasi (a partire dalle seconde case), Ires, Iva, Irpef, Irap, addizionali comunali e regionali. Una bella botta. Ma se il governo non fosse intervenuto con una sfilza di tagli e alleggerimenti — scrive Quotidiano.net — sarebbe andata decisamente peggio. Basta leggere la nota con cui il ministero dell’Economia fa notare che, considerando anche il bonus fiscale da 80 euro, «il sollievo fiscale per famiglie ed imprese a seguito delle politiche del governo Renzi ammonta a più di 20 miliardi di euro». Anche togliendo di mezzo il bonus (chi ha redditi superiori ai 26mila euro non ne ha diritto) lo sconto fiscale è comunque pari a oltre oltre 10 miliardi: 3,5 miliardi di tasse in meno sulla casa; 5,6 miliardi di risparmi per le imprese, che pagano un’Irap alleggerita dall’eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile, a cui si aggiungono 530 milioni di minor Imu sui macchinari «imbullonati». Ma non basta.
L’economista Mario Baldassarri, già vice ministro durante il governo Berlusconi, non nega che gli alleggerimenti fiscali siano stati fatti, però sottolinea: «Le tasse aumentano comunque perché in realtà i tagli sono solo una riduzione degli aumenti previsti. Se pagavo 100 euro nel 2014, ne dovevo pagare 120 nel 2015. Grazie a Renzi l’aumento si è fermato a 110, ma sempre 10 euro in più ho pagato». E questo perché, spiega, «aumentano la Tasi, l’Imu, la Tari, le addizionali comunali. Quando vado a fare la spesa conta lo stipendio netto e quello non è aumentato. Va avanti così da 10 anni». Analoga l’analisi del tributarista Victor Uckmar: «Il governo ha dato sollievo ad alcune categorie, ma per altre c’è stato un appesantimento, altrimenti la pressione fiscale non sarebbe del 43,35%. Certo, dipende anche dal fatto che il nostro Pil è basso, ma questo non consola. Per pressione fiscale siamo al 137esimo posto nel mondo su 183. È un po’ la media del pollo di Trilussa. Alcune imposte sono state ridotte, altre sono salite alle stelle. Basta pensare alla Tari che paghiamo sui rifiuti: è quella che ha subito l’impennata maggiore». Con Renzi, riconosce il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, «il peso del fisco ha cominciato a scendere. Purtroppo le famiglie e le imprese, in particolar modo quelle di piccola dimensione, faticano ad avvertire questa diminuzione. Dall’inizio della crisi la pressione fiscale ha subito una vera e propria impennata. Dal 2013 è cominciata la discesa che sta avvenendo, però, ad una velocità molto contenuta». Per percepire se le tasse stanno davvero calando non ci resta che attendere il dispiegarsi delle prossime mosse del governo: la diminuzione dell’Ires (dal 27 al 24%) a partire dal prossimo anno e, a seguire, la tanto attesa riduzione dell’Irpef. Abbiamo appena consegnato all’erario 11 miliardi di ritenute Irpef per dipendenti e collaboratori a cui va aggiunto quello che paghiamo tutto l’anno sui nostri redditi da lavoro.
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