Dal 2010 la tassa sui rifiuti è aumentata del 23%

Nella discussione che in queste ore si infiamma intorno alla Legge di bilancio c’è una sorta di convitato di pietra: è la Tari, la tassa sui rifiuti. Quando infatti si parla di tagli ai trasferimenti ai Comuni oppure di abolizione di Imu e Tasi, con conseguenti mancati introiti a livello locale — scrive Panorama — ci si dimentica di segnalare che proprio l’imposta sulla spazzatura ha rappresentato in questi anni una sorta di bancomat per tanti sindaci. C’è chi addirittura la considera la vera patrimoniale, quella che da tempo si dice di voler introdurre e mai nessuno ha il coraggio di tramutare in realtà. Grazie ad essa infatti tante amministrazioni locali fanno quadrare i propri bilanci. E la ragione è molto evidente: c’è scarsa relazione, se non proprio nessuna, tra le somme pagate dai cittadini e i servizi resi in cambio. Ma andiamo per ordine, visto che a soccorrere queste tesi proprio in queste ore è arrivata un’indagine di Federconsumatori che, come detto, in un qualche modo certifica proprio questo preoccupante trend. E allora si scopre innanzitutto che la spesa media destinata alla tassa sui rifiuti, per le famiglie, dal 2010 ad oggi è aumentata ben del 23%. Entrando nello specifico, la ricerca rileva che nel 2016 la spesa media annua per la Tari, per una famiglia tipo composta da tre persone che vivono in un appartamento di 100 mq, è di 296 euro. Mentre, per una famiglia composta da una sola persona la spesa media annua registrata, comprensiva delle riduzioni, risulta in media di 129 euro. Ma quello che sorprende di più, se possibile, è la citata discrepanza tra somme pagate e servizi forniti. A testimoniarlo — continua Panorama — c’è il fatto che spesso a pagare di più sono i residenti delle Regioni del Sud, dove notoriamente la raccolta differenziata e tutta una serie di altre prestazioni legate alla raccolta e alla gestione dei rifiuti risultano in netto ritardo rispetto al Nord del Paese.

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