Pomezia, la nube nera si è dissolta ma cosa conteneva?

Dopo alcuni giorni dall’incendio di Pomezia, che ha invaso di miasmi di sicuro non salutari parte del Lazio, spandendo fetori fino al mar Tirreno, una domanda viene spontanea. Possibile che ci vogliano giorni — scrive il Corriere della Sera — per accertare che cosa c’è in quella nube che ancora aleggia su campi e città? Diossina e amianto, com’è probabile, oppure solo nerofumo. Nei tre giorni del rogo di quell’impianto passato di mano diverse volte negli ultimi anni e autorizzato dalla Regione Lazio a gestire, testuale nella delibera, «rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi» ne abbiamo ascoltate di tutti i colori. Il sindaco grillino di Pomezia Fabio Fucci ha disposto l’evacuazione delle abitazioni limitrofe e la chiusura delle scuole, ma subito sottolineando un eccessivo clamore mediatico. E, mentre c’era chi rassicurava la popolazione sulla qualità dell’aria (Virginia Raggi, sindaca grillina della capitale lambita dalla nube infernale), si moltiplicavano voci sulla presenza di sostanze tossiche nella colonna di fumo spesso e nero con previsioni di ricadute micidiali su frutta, verdura, latte e falde acquifere. Senza che arrivasse uno straccio di versione ufficiale da parte delle autorità preposte alle necessarie verifiche. Se si eccettuano, ovviamente, le scarne comunicazioni dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, rigorosamente sul totem del momento: Facebook.

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