Cedolare secca del 10% anche nei Comuni in “stato d’emergenza”. Federproprietà da sempre favorevole all’estensione

Sui canoni concordati spetta la cedolare secca del 10% anche nei Comuni dove sia stato proclamato lo «stato d’emergenza». Lo puntualizza la Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate della Lombardia, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore. Si tratta del primo riconoscimento ufficiale di un principio sancito dalla legge (articolo 9, comma 2-bis, del Dl 47/2014, introdotto dalla legge di conversione 80/2014) e che riguarda la possibilità di pagare l’aliquota super ridotta ben oltre i confini dei Comuni ad alta tensione abitativa. Come è noto, Federproprietà da sempre sostiene l’estensione della cedolare secca, in particolare al settore non abitativo per i redditi da locazione di immobili. La legge 80/2014 riconosce l’aliquota del 10%, sino al 31 dicembre 2019 (la proroga è dovuta alla legge di Bilancio 2018), sui canoni dei contratti stipulati nei Comuni in cui sia stato proclamato lo stato d’emergenza negli ultimi cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione stessa, cioè dal 28 maggio 2009 al 27 maggio 2014. Non solo: il Dpcm del 18 dicembre 2008, quindi prima del 28 maggio 2009, aveva dichiarato lo stato d’emergenza (sulla base dell’articolo 5, comma 1, della legge 225/1992) su tutto il territorio nazionale; ma alcuni Dpcm successivi (del 2010) lo avevano prorogato già successivamente al 28 maggio 2009 per molte regioni: Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Quindi in tutte queste Regioni vigeva lo stato d’emergenza e, stando alla lettera della legge, i contratti stipulati a canone concordato in tutto il territorio sono ora soggetti alla cedolare del 10 per cento.

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