Un film sull’amianto, il nemico vicino di casa che uccide 3000 persone l’anno

Poco prima di Natale è uscito al cinema il film “Un posto sicuro” di Francesco Ghiaccio che ne firma anche la sceneggiatura con Marco D’Amore. Il film riporta alla ribalta il continuo conflitto, tipicamente italiano, fra posto di lavoro, tutela dell’ambiente e salute pubblica. Tanti sono gli esempi, in cui la feroce contrapposizione tra beneficio privato e costo sociale ostacola una soluzione efficiente che tuteli i posti di lavoro senza prevaricare il diritto alla salute. Il film di Francesco Ghiaccio racconta una di queste storie, il destino della città di Casale Monferrato e dei lavoratori impiegati nella fabbrica di Eternit. Un destino che ci accomuna in tanti, non solo gli abitanti di Casale. Alzi la mano chi non ha accanto un tetto ondulato in Eternit e chi non ha vissuto o frequentato luoghi che lo utilizzavano in copertura o per coibentare i muri oppure come materiale per costruire gli acquedotti cittadini.

L’Eternit è una miscela di cemento ed amianto, brevettata dall’austriaco Ludwig Hatschek nel 1901 e commercializzata con il marchio Eternit dall’azienda svizzera Schweizerische Eternitwerke AG (di proprietà del commerciante Alois Steinmann e poi successivamente da Max Schmidheiny) che nel 1923 cambiò nome in Eternit Ag. Dopo alcuni decenni di attività, queste malattie dal lungo periodo di incubazione cominciano a diffondersi tra i lavoratori della fabbrica di Casale Monferrato e tra i loro familiari che hanno respirato le fibre che rimanevano sulle tute dei lavoratori o le polveri emesse nell’atmosfera. Il processo intentato contro la proprietà ha messo in evidenza come già a partire dagli anni ’60 fossero note le conseguenze sulla salute e niente sia stato fatto per tutelare gli operai, le loro famiglie e la popolazione tutta.

Casale Monferrato è sicuramente l’emblema di questo disastro ambientale (bisogna sottolineare come in quest’area già da decenni siano state portate avanti le bonifiche), ma grosse produzioni che utilizzavano questo minerale (soprattutto nella cantieristica navale e ferroviaria e nella produzione di cementi) erano diffuse in tutta Italia (da Monfalcone a La Spezia, da Pistoia a Siracusa solo per fare un esempio). I dati di INAIL, Ministero dell’Ambiente e Regioni indicano 38mila siti contaminati, di cui oltre 35mila ancora da bonificare, di cui 779 sono stabilimenti attivi o dismessi a cui vanno aggiunti 12 siti di interesse nazionale, sparsi da nord a sud. La rivista Wired che ha dato vita ad un progetto di mappatura dei siti contaminati ne ha censiti circa 300mila, ma esistono stime ancora superiori. L’amianto è stato bandito nel 1992 e da allora diversi enti pubblici hanno promosso incentivi per promuovere la rimozione in sicurezza (con un corretto smaltimento) e la sostituzione delle strutture in amianto con materiali alternativi, ma ancora molto rimane da fare. Ed il mostro è sempre dietro l’angolo: ancora oggi si stimano 3000 morti e mezzo miliardo di euro di costi all’anno: 560mila cittadini sono a rischio e visto che alcune delle malattie impiegano anche 30 anni a manifestarsi, il picco di morti si dovrebbe registrare attorno al 2020.

Articoli Correlati