Roma, la maledizione della metro C: scoperta una caserma del II secolo d.C., stop ai lavori

Una caserma romana da 39 stanze risalente al II sec. d.C (Adriano Imperatore), ad appena 9 metri sotto viale Ipponio: si trova proprio dove dovrebbe essere costruita la fermata Amba Aradam della Metro C. Probabilmente si tratta della scoperta archeologica più importante dal 2007 a oggi, ovvero da quando si scava per realizzare la tormentata opera pubblica della capitale. Una fantastica notizia per gli appassionati e per tutto il settore nazionale dei beni culturali, un pessimo presagio per i tanti che guardano come un miraggio al completamento della terza linea capitolina. La notizia doveva essere riservata, per dare tempo ai tecnici del Mibact di sondare il ritrovamento e a quelli di Roma Metropolitane di verificare quanto il reperto avrebbe inficiato sul regolare proseguimento dei lavori. Il Tempo, tuttavia, è venuto in possesso di una lettera firmata dal soprintendente Francesco Prosperetti dove si descrive la «eccezionalità della scoperta», ma anche di come «il buono stato di conservazione delle strutture nel loro complesso rendono non perseguibile l’ipotesi di uno smontaggio e successivo rimontaggio integrale del contesto». E ora? Fermi tutti. Almeno finché Roma Metropolitane non sarà in grado di proporre un progetto alternativo che permetterà non solo il passaggio della talpa – già complicato dalla struttura geologica del terreno – ma anche la costruzione, a questo punto, di una vera e propria «stazione archeologica». Varianti che potrebbero costare tempo e soldi in un quadro di contenziosi con le ditte costruttrici già molto difficile.

«Trovati reperti archeologici della metro C durante gli scavi della metro C». Così titolava tempo fa un blog satirico che su internet si diverte a prendere in giro le follie capitoline. E quella della terza linea del metro di Roma, più che a una follia — scrive Il Tempo — somiglia a una vera e propria maledizione. Dal 2007, anno della prima pietra, ritardi, incidenti, indagini e ritrovamenti archeologici ne hanno moltiplicato i costi e i tempi di realizzazione. E più passa il tempo, più ci si rimette in carreggiata con i lavori e più subentrano ostacoli insormontabili che fanno allargare le braccia anche ai più ottimisti. L’ultima l’aveva raccontata proprio Il Tempo il 23 aprile scorso, quando una lettera del direttore d’esercizio di Atac testimoniava come le ruote dei convogli – e forse anche i binari – si consumino nel doppio del tempo rispetto al preventivato a causa di una parziale incompatibilità con le rotaie. Una «follia» – questa sì – dato che l’attuale tratta Pantano-Lodi è funzionante da appena un anno e che per la linea sono stati spesi fin qui 3,9 miliardi di euro (almeno 500 milioni in più sulla tabella di marcia) e i cantieri marciano con 5 anni di ritardo. Le 44 varianti al progetto fin qui approvato hanno portato nel 2013 alla certificazione di extracosti per 230 milioni di euro in favore del Consorzio Metro C Scp, più 90 milioni aggiuntivi alla firma dell’atto attuativo (9 settembre 2013) sui quali sta indagando la Corte dei Conti. Attualmente, in Tribunale civile è stato depositato un altro contenzioso da circa 380 milioni di euro, derivante dalle diatribe sulle penali e sui ritardi nella presentazione dei progetti.

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