Nove mutui su dieci stipulati a tasso fisso: ecco perché

Il mutuo a tasso fisso sta esercitando in questa fase uno strapotere sul panorama delle offerte. A marzo — scrive Il Sole 24 Ore — quasi 9 mutui su 10 (includendo anche le surroghe) è stato stipulato a tasso fisso. Mai così negli ultimi 10 anni il mutuo a tasso variabile è stato relegato nei bassifondi delle preferenze in Italia. Questo nonostante, migliori offerte alla mano, il mutuo a “tasso variabile puro” resti oltre 100 punti base (1%) più basso rispetto al fisso. Oggi infatti è possibile stipulare mutui a tasso variabile nelle migliori condizioni (quelle riservate a chi chiede un finanziamento non superiore al 50% del valore dell’immobile) con un Taeg (il tasso che comprende non solo gli interessi ma anche tutti i costi accessori legati al mutuo) dello 0,89%. A parità di loan to value (cioè di finanziamento in rapporto a quanto vale l’immobile su cui si iscrive l’ipoteca) il miglior fisso è al 2,03%. Se poi ci si sposta su loan to value più alti (80%) il variabile più competitivo sale all’1,2% e il fisso al 2,27%. Anche in questo secondo caso la distanza a vantaggio del variabile in partenza resta immutata e sempre superiore a 100 punti base. In sostanza chi stipula oggi un mutuo a tasso variabile è come se avesse un bonus di almeno quattro rialzi da 25 punti base (0,25%) dei tassi della Banca centrale europea prima che il suo mutuo vada a costare quanto costa il fisso che stipulerebbe e pagherebbe sin da subito. Al momento ipotizzare quattro rialzi dei tassi della Bce è abbastanza coraggioso. Secondo gli esperti – e secondo i contratti future di mercato che proiettano gli Euribor, ovvero gli indici su cui viene calcolata mensilmente la variazione delle rate dei mutui a tasso variabile – ci vorranno almeno cinque anni prima di assistere un rialzo dei tassi di 100 punti base. Quindi oggi chi stipula un mutuo a tasso variabile è come se avesse un bonus di risparmio di interessi di almeno cinque anni rispetto al fisso. Dopodiché si vedrà. Se l’inflazione continuerà a salire a tal punto da spingere la Bce ad ulteriori rialzi dei tassi, il variabile (dato che gli indici Euribor aumentano quando la Bce muove all’insù i tassi) potrebbe continuare a salire risultando difatti più costoso del fisso odierno. Ma potrebbe anche rimanere piatto a lungo – come ripete spesso da anni il governatore della Bce Mario Draghi – o tornare nuovamente a scendere. Tutto (o quasi) — conclude Il Sole 24 Ore — dipenderà dall’andamento dell’inflazione che a marzo nell’Eurozona è tornata peraltro a scendere (1,5%) dopo la fiammata (2%) marzo, influenzata prevalentemente dall’aumento del prezzo del petrolio che non da fattori strutturali, come l’aumento dei salari (più volte auspicato dallo stesso Draghi).

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