Le tasse sugli affitti: ecco la nuova mappa

  • Per le tasse sugli affitti brevi è una piccola rivoluzione. Finora si è parlato molto della ritenuta applicata dagli intermediari immobiliari, che è stata versata la prima volta lunedì 16 ottobre e per la quale il Tar del Lazio ha bocciato l’istanza di sospensiva da parte di Airbnb. Eppure, una volta superate le difficoltà applicative del nuovo adempimento, molti proprietari di case affittate si accorgeranno che le vere novità derivanti dal decreto legge 50/2017 e dalla circolare 24/E riguardano la possibilità di scegliere la cedolare (e il soggetto che può sceglierla). Quando si parla di «affitto breve» — spiega Il Sole 24 Ore — il Fisco intende la locazione di una casa, con una durata non superiore a 30 giorni, eseguita da soggetti che non esercitano attività d’impresa. Quindi, sono esclusi gli affitti a società e imprese (uso foresteria, ad esempio), ma anche le locazioni siglate da chi opera con partita Iva. Fin qua non è una definizione rivoluzionaria, ma per i contratti stipulati dal 1° giugno scorso in poi, il campo di ciò che può essere considerato “affitto breve” si allarga a comprendere: – le sublocazioni, cioè il caso in cui l’inquilino subaffitta la casa (in tutto o in parte); – le situazioni in cui un soggetto ha la casa in uso gratuito (comodato) e la dà in “locazione” a un altro soggetto (più propriamente, è una concessione a titolo oneroso). È un caso che può verificarsi più spesso di quanto si creda in ambito familiare, quando ad esempio il figlio cura la locazione della casa al mare di proprietà dei genitori, magari tramite un portale internet su cui si registra come “locatore”. In tutte queste situazioni si può scegliere la cedolare secca, con aliquota al 21 per cento. Ma chi può fare l’opzione? E chi deve dichiarare il reddito? E di quale reddito si tratta? Se si tratta di una locazione “classica” — continua Il Sole 24 Ore — si ha un reddito di fabbricati e la scelta della cedolare tocca al proprietario (che nel caso dei contratti brevi la esprimerà direttamente in dichiarazione dei redditi). Nel caso del comodato, invece, si ha uno sdoppiamento: il comodatario (il figlio, nel nostro esempio) potrà scegliere la cedolare al 21% calcolata sul canone, cosa che in precedenza gli era preclusa, almeno interpretando alla lettera le indicazioni fornite a suo tempo dalle Entrate (provvedimento del 7 aprile 2011). Ipotizzando un incasso di 1.500 euro – pari a dieci weekend in locazione a 150 euro l’uno – significa chiudere i conti con il Fisco con 315 euro. Il comodante (cioè il genitore) dovrà invece dichiarare l’eventuale reddito fondiario. Superando i 30 giorni di durata del singolo contratto, però, si ricade nella regola ordinaria e dichiara tutto e il comodante. Nei casi di sublocazione breve, infine, il sublocatore potrà scegliere se trattare i proventi come redditi diversi o applicare la cedolare al 21 per cento. Il tutto con un’avvertenza: anche il locatore continuerà a poter scegliere la cedolare sull’affitto per così dire “principale” – cosa che gli era consentita già prima – e dunque si potrebbero avere due opzioni per la stessa casa.

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