Contratti concordati: interrogazione di Gasparri sul caos amministrativo

Un’interrogazione è stata presentata ai ministri delle Infrastrutture e Trasporti e dell’Economia e Finanze in merito all’attuazione delle norme che disciplinano i cosiddetti contratti concordati e della conseguente convenzione nazionale e alla confusione amministrativa che ne è derivata. I ministri, come è noto, hanno emanato il decreto n.62 del 16 gennaio 2017 recante “Criteri generali per la realizzazione degli accordi da definire in sede locale per la stipula dei contratti di locazione ad uso abitativo a canone concordato, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nonché dei contratti di locazione transitori e dei contratti di locazione per studenti universitari, ai sensi dell’articolo 5, commi 1, 2 e 3 della stessa legge”, con il quale tra l’altro accedono ad un’interpretazione non certo impeccabile della facoltà di firmare la prevista attestazione dell’accordo territoriale da rilasciarsi da parte di almeno una delle associazioni firmatarie dell’accordo medesimo. In buona sostanza — sostiene il senatore — invece di far riferimento, come voluto dal legislatore, alle associazioni maggiormente rappresentative su scala nazionale, si indicano come abilitate quelle che hanno sottoscritto lo specifico accordo territoriale. A giudizio dell’interrogante, “questa sicuramente infondata interpretazione apre la porta ad una serie di possibili e, anzi, certe distorsioni (l’idea pare così irrazionale che si deve supporre attribuibile a qualcuno che pensa di trarne qualche tornaconto, dividendo il fronte delle associazioni datoriali) a danno di chi persegue gli interessi delle categorie con impegno, dedizione e approfondimenti volti a dare sempre maggiore vigore ad applicazioni delle norme sempre più precise e aderenti all’interesse pubblico, senza prevaricazioni e vie di fuga”. Gasparri sottolinea, inoltre, come benefici e agevolazioni previsti dalla legge per i contratti concordati siano connessi e in buona sostanza dipendono dagli accordi territoriali e in particolare dai parametri in essi contenuti, per cui “non è lecito condizionare all’arbitrio dei Comuni la fase di predisposizione, elaborazione e definizione degli accordi stessi, come purtroppo oggi può avvenire”. La convenzione nazionale del 2016, come è noto, è stata sottoscritta dalle organizzazioni maggiormente rappresentative dei proprietari (FEDERPROPRIETA’, CONFEDILIZIA, UPPI, APPC, ASPPI, UNIONCASA, CONFAPPI, CONFABITARE, e degli inquilini SUNIA, ASIA-USB, ASSOCASA UGL, FEDERCASA CONFSAL, SAI CISAL, SICET, UNIAT, ANIA, UNIONE INQUILINI, CONIA) e i criteri generali individuati nella Convenzione nazionale sono stati peraltro integralmente trasfusi nel decreto interministeriale dei ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti e delle Finanze, ponendo così fine ad un contenzioso più o meno latente volto a criticare discutibili scelte di qualche amministrazione municipale e qualche evidente soluzione pasticciata ed ivi stabilita. Gasparri quindi chiede di sapere “se i ministri in questione non ritengano necessario, con una precisa integrazione delle disposizioni di cui al citato decreto ministeriale n.62 del 16 gennaio 2017, stabilire tassativamente che i Comuni siano obbligati ad invitare alla trattativa ed alla sottoscrizione degli accordi almeno le organizzazioni dei proprietari e degli inquilini più rappresentative, individuate nelle rappresentanze che hanno sottoscritto la Convenzione nazionale; e se non ritengano possibile attribuire ai Comuni un ruolo di maggiore responsabilità, senza interferire nella trattativa sindacale, ma ad esempio certificando la regolarità formale della procedura al momento del deposito dell’accordo sottoscritto (con l’avvenuto rispetto quindi delle norme legislative e regolamentari)”.

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