Milano, la città con tanti centri, a differenza di Roma. E Sgarbi sentenzia: capitale surclassata sulla cultura

Scrive Fabio Finazzi sull’inserto del Corriere della Sera dedicato al capoluogo lombardo: “Qual è il centro di Milano? Piazza Duomo con Scala, Galleria, Quadrilatero e lo straripante patrimonio di arte e storia, attraversato da lampi di modernità, che si portano in dote. Risposta ovvia e corretta, ma incompiuta. Qualcun altro potrebbe dire che è Porta Nuova, la prima che ha rimodulato lo skyline, bella e possibile, celebrata al limite della consunzione dei superlativi. Altri ancora troveranno nella Darsena il nuovo cuore pulsante, mix piuttosto dirompente tra movida e luoghi iconici, intoccabili per chi coltiva la memoria storica della città. Oppure sceglieranno la sfida ardita delle tre torri di Citylife, che ha la magia del centro nascente, con un’anima in fase di definizione. Infine, troverete chi proverà a spiazzarvi e risponderà che il vero centro di Milano è la sua antitesi, sta in periferia, perché lì batte il cuore più autentico della città”. Ebbene, è proprio così, Milano ha tanti centri, a differenza di Roma, dove c’è una netta demarcazione fra il centro storico e le periferie, per lo più degradate, dove il disagio abitativo è più evidente. E, sotto il profilo della cultura, illuminante è quanto dichiara Vittorio Sgarbi al quotidiano online “Affari italiani”: “Lo stato della proposta culturale di Roma è a un livello così basso come mai prima. Roma nel 2006 deteneva il primato a livello culturale, oggi invece dopo tredici anni quel primato spetta a Milano. Nel 2006 ero assessore a Milano e vivevo nell’incubo perché era indietro rispetto a Roma, ora è esattamente il contrario. Ad esempio la Triennale è più importante della Quadriennale e il Piccolo Teatro è più importante del Teatro Argentina. Milano ha sorpassato Roma. Roma non c’è più, è sparita. Colpa della miopia della coalizione che considera la cultura come un fatto facoltativo. Io sono l’unico che ha sempre pensato che cultura e politica potessero stare bene assieme. Per chi oggi fa la politica nazionale invece è un fatto marginale o insignificante”.

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