Imu, Tasi e Tari 2019: ecco dove rischiano di aumentare

Per la prima volta dal 2016, gli importi IMU, Tasi e Tari potrebbero aumentare nel 2019. E’ l’effetto della delibera nella Legge di Bilancio — scrive il sito Investireoggi.it — che ha concesso alle amministrazioni locali di decidere in maniera discrezionale delle aliquote su questi tributi. Questo significa che non aumenteranno ovunque ma che il rischio sussiste in quei Comuni che, fino ad oggi, non avevano applicato l’aliquota massima. La notizia ha messo in allerta i proprietari di casa, già gravati dal peso di queste tasse sulla casa. Quale sarà l’impatto? Le prime elaborazioni arrivano dal centro studi della Uil: 24 città capoluogo su 54 sono proiettate verso l’aumento della Tari. Per quanto riguarda le addizionali Irpef e IMU, dal report risulta che 250 comuni, cioè il 10,6% di quelli che finora hanno deliberato (2.352), hanno ritoccato al rialzo il prelievo. Eppure quello che non molti sanno e che forse non viene sottolineato abbastanza, è che sono stati proprio i sindaci a fare pressioni affinché venisse concessa questa maggiore libertà dopo che il “congelamento” forzato voluto dal governo Renzi aveva di fatto bloccato la situazione al 2015, senza tener conto degli adeguamenti. Quanto abbiamo speso di IMU nel 2018? Stando alle statistiche ogni nucleo familiare ha speso in media 1.340 euro tra Imu, Irpef comunale e Tari (quindi nelle casse comunali sono confluiti in totale circa 34,3 miliardi di euro, di cui 21 per l’Imu, 9 per la Tari e 4,6 per l’addizionale Irpef). Più nello specifico, sono stati spesi, dalle famiglie, 814 euro per l’Imu sulle seconde case, 224 per l’addizionale Irpef e 302 di tari. La città in cui la pressione fiscale per le imposte locali sugli immobili è risultata più alta è stata Roma: nella capitale ogni nucleo familiare ha pagato un importo medio pari a 2.267 euro (a Torino si è arrivati a 1.952 euro, a Genova a 1.923, a  Milano a 1.888 e a Napoli 1.791). Un dato che ha alimentato polemiche vista anche l’emergenza rifiuti a Roma: la frustrazione dei cittadini vessati dai pagamenti si acuisce nel vedere che il sacrificio non corrisponde ad adeguati servizi del Comune. Le città in cui le aliquote IMU erano già al massimo e quindi, solo per questo motivo, non ci saranno aumenti, sono appunto: Roma, Milano, Torino, Bari e Venezia. Tra i 250 Comuni che hanno già aumentato le addizionali Irpef, figurano due città capoluogo: Avellino (in cui si passa da 0,7 a 0,8%) e Barletta (che ha rialzato le  aliquote in proporzione alle fasce di reddito). Mantova e Rimini, invece, hanno abbandonato l’aliquota piatta (rispettivamente 0,4 e 0,3%) a favore delle aliquote progressive fino allo 0,8%. Imu in aumento ad Avellino, Torino, La Spezia e Pordenone; si pagherà di meno a Firenze, Grosseto e Pavia.Chiudiamo con una panoramica sugli aumenti della Tari: il rapporto Uil rileva che sui 54 capoluoghi, 24 Comuni hanno aumentato la tassa sui rifiuti, 18 l’hanno diminuita e 12 l’hanno invece mantenuta invariata. Più in particolare gli aumenti sono stati registrati a Imperia (+15,7%), Pisa (+8,9%), Trieste (+6,9%), Padova (+6,2%), Udine (+5,9%). Tassa dei rifiuti più pesante anche per i cittadini di Napoli (+3,1%), Genova (+0,8%) e Torino (+0,7%). L’importo della Tari scende  del 22,2% ad Arezzo, del 5,8% a Cesena, del 4,1% a Grosseto, del 3,1% ad Ascoli, del 3% a Ragusa, del 2,6% a Venezia e dell’1,5% a Firenze e Cagliari. Nessuna oscillazione (impossibile verso l’alto ma non prevista neppure come sconto) a Roma, Milano, Bologna e Bari.

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