Milano, ridefiniti i canoni d’affitto concordati dopo l’accordo firmato da Federproprietà

Rimettere ordine nel panorama abitativo di proprietà pubblica, ridefinendone alcuni criteri di locazione e spingendo in particolare per l’affitto a canoni accessibili e, quindi, per un maggior dinamismo del mercato che vada incontro soprattutto ai giovani. Queste le motivazioni di fondo che hanno indotto l’amministrazione comunale di Milano a rimodulare, tramite delibera di Giunta, i criteri di definizione dei canoni d’affitto concordato per le case del Comune, circa 700 in tutta la città. Tutti i contratti in essere e da sottoscrivere in futuro si atterranno quindi a nuove regole di sostenibilità economico-finanziaria decise dall’Amministrazione. In particolare, se il canone richiesto fino ad ora era vincolato esclusivamente alla metratura dell’appartamento e alla sua localizzazione, d’ora in avanti avrà anche una base reddituale: non potrà superare infatti il 20% del reddito netto annuale del nucleo familiare titolare del contratto, e non dovrà essere inferiore al canone sociale in modo da non poter essere equiparato al regime regolatore dell’Erp. Il livello dei canoni praticati, quindi, non solo dovrà risultare intermedio tra i canoni di mercato praticati nella zona considerata e quelli sociali applicabili ad alloggi con caratteristiche simili, ma anche concretamente sostenibile dalla famiglia in affitto. Nel caso in cui gli inquilini interessati alla ridefinizione del canone risultino morosi, è necessario che, in via preliminare, aderiscano al Piano di rientro della morosità. Questa rimodulazione muove dal rinnovo dell’accordo locale valido per tutto il territorio di Milano per il canone concordato (legge 431/98) sottoscritto nel marzo scorso tra alcune organizzazioni sindacali (Sunia, Conia e Uniat) e le associazioni della proprietà edilizia (Federproprietà, Assoedilizia, Uppi, Asppi, Appc, Confappi), e costituirà la base per la definizione di un accordo integrativo (come previsto dalla legge per i grandi proprietari). L’intesa territoriale, che rimarrà valida per i prossimi tre anni per tutti i contratti di locazione a canone concordato tra privati, divide il territorio cittadino in zone urbane omogenee e, all’interno di esse, individua le possibili fasce di oscillazione del canone, che mediamente risulta del 30% inferiore a quello di mercato.

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