L’autore della soffiata sull’abuso del vicino può accedere solo agli atti del Comune

Chi ha denunciato il vicino alla polizia municipale ha diritto a ottenere dal Comune la pratica istruita per l’abuso edilizio con tutti gli atti. Ma non può accedere anche al ricorso che il confinante ha proposto al Tribunale amministrativo e alla relativa sentenza: si tratta, infatti, di documenti non ostensibili in base alla legge sulla trasparenza, anche a voler dare l’interpretazione più ampia della nozione di documento amministrativo. È quanto emerge dalla sentenza 3742/19 — scrive Italia Oggi — pubblicata dalla sesta sezione del Tar Campania, che ha accolto in parte il ricorso dell’istante: l’ente locale ha trenta giorni di tempo per tirare fuori le carte. Il vicino ha un interesse «diretto, concreto e attuale» a sapere com’è andata a finire la vicenda dopo la denuncia ai vigili urbani: può dunque ottenere i documenti sul sequestro del manufatto abusivo oltre che l’ordinanza di demolizione e i provvedimenti consequenziali adottati dal comune. E ciò perché il balcone oltre a occupare il suolo pubblico toglie aria e luce alla sua proprietà. Insomma: la situazione del richiedente è giuridicamente tutelata e collegata ai documenti dei quali cui si domanda l’ostensione. Resta da approfondire — continua Italia Oggi — perché scatti il no all’istanza relativa al ricorso al Tar e alla relativa sentenza. Quanto al primo, il diniego è legittimo perché si tratta di un atto giurisdizionale di un privato che non risulta in alcun modo collegato ad attività di interesse pubblico; per la seconda basterebbe osservare che le pronunce del tribunale sono pubbliche. È escluso, insomma, che il Comune possa far finta di niente di fronte all’istanza di uno dei condomini che vuole siano puniti gli abusi edilizi compiuti da un altro. E ciò per due motivi: da una parte è possibile ricorrere alla procedura del silenzio-adempimento dell’ente locale sui mancati controlli alle opere realizzate senza titolo dal vicino; dall’altra l’amministrazione deve comunque dar seguito alla domanda della parte privata anche quando la ritiene inammissibile. Lo ha stabilito, con la sentenza 3454/19, la sezione seconda bis del Tar Lazio.

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