Roma più sporca dopo la chiusura di Malagrotta: l’accusa di Cerroni

  • La fretta dell’ex sindaco Ignazio Marino di chiudere la discarica di Malagrotta ha comportato un costo immediato per la collettività di oltre 30 milioni di euro. Soldi che chiaramente i cittadini hanno dovuto rimettere di tasca propria. Sì perché a pagare è stato il Comune. Non solo. Lo stop al sito, non accompagnato da una valida alternativa secondo i dettami di Bruxelles, ha tolto alla Capitale un importante assorbitore di pattumiera. Con il risultato che la capacità di raccolta, sebbene potenzialmente elevata, è rimasta tale perché la spazzatura, anche se presa dai cassonetti, non ha trovato posto negli impianti più piccoli rimasti aperti dopo lo stop di Malagrotta. In altre parole il servizio di raccolta è stato comunque ridotto (soprattutto durante la notte) perché il terminale finale dove stoccare i rifiuti non c’era più. Risultato pratico: Roma più sporca. Il j’accuse alle decisioni prese dalla precedente giunta della Capitale — secondo quanto scrive Il Tempo — è argomentato da un esposto di Colari (Consorzio Laziale Rifiuti guidato da Manlio Cerroni) che gestisce il sito (ormai fermo) nella quale veniva stoccata l’immondizia romana. Una denuncia all’attenzione del procuratore regionale della Corte dei Conti del Lazio Raffaele De Dominicis.

Secondo il Colari — continua il quotidiano romano — la decisione di chiudere anticipatamente la discarica principale di Roma ha comportato un costo supplementare per i cittadini che supera ampiamente i 30 milioni di euro. Non manca il dettaglio delle voci che compongono la spesa extra. In primis circa 5 milioni di euro per le realizzazione di un’ulteriore spazio di 250 mila metri cubi per stipare i rifiuti che il prefetto commissario Giuseppe Pecoraro, nominato nel settembre 2011, aveva chiesto di creare per scongiurare già a partire dal Natale successivo l’incubo dell’emergenza rifiuti. Un’opera finita ma mai utilizzata nonostante i 5 milioni di euro spesi e determinati da un costo di circa 20 euro a metro cubo moltiplicati per i 250 mila di volume della struttura. Ma a questo onere se ne aggiungono altri. In particolare quelli relative al mancato uso della parte di discarica chiesta da Pecoraro. Sì perché la spazzatura organica prodotta nei cosiddetti Tmb (Trattamento Meccanico Biologico) che poteva ancora essere messa a Malagrotta, senza violare la normativa comunitaria, è stata portata in altri siti con un costo ulteriore. «La volumetria residua – spiega l’esposto – avrebbe potuto ricevere e smaltire circa 300 mila tonnellate, che è finita in altre discariche con un aggravio di circa 80 euro a tonnellata e un costo di circa 24 milioni di euro».

Infine, sempre secondo la denuncia Colari, un prezzo elevato è stato pagato da ogni romano per il fatto che il sito creato per l’emergenza sia rimasto solo uno scavo a cielo aperto. E dunque soggetto ai danni provocati dalle intemperie. Così «nell’avvallamento della volumetria residua dei 250 mila metri cubi si sono riversate dal primo ottobre 2013 al 15 febbraio 2015 piogge abbondanti che la centralina metereologica di Malagrotta ha quantificato in 124.363,80 metri cubi. Di tali precipitazioni non meno dell’80% si è trasformato in percolato via via smaltito presso impianti di terzi con un costo ulteriore di circa 55 euro al metro cubo per una spesa complessiva inutile di diversi milioni di euro». Questo dunque, secondo il Colari, il conto che Marino ha presentato subito ai romani con la decisione di bloccare quella che per oltre 40 anni ha assicurato la pulizia di Roma, scrive Caleri sul Tempo. Ma i danni si sono prolungati anche successivamente. «La mancanza di una discarica di servizio ha comportato la necessità di collocare in varie Regioni italiane, e non solo, centinaia di tonnellate di Combustibile da rifiuti (Cdr) e residui di lavorazione con ulteriori pesanti costi per la collettività a cui si aggiungono il degrado della città e il rischio per la salute pubblica» chiosa l’esposto che conclude: «Solo la cocciutaggine del sindaco Marino ha permesso di chiudere anticipatamente la discarica di Malagrotta rinunciando alla volumetria residua e senza aver assicurato una valida soluzione alternativa. Una scelta che ha comportato danni economici di cui ci apprestiamo a chiedere il ristoro».

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