Sempre più bassi i mutui per la prima casa: ecco perché

Il passo lento della ripresa economica, le misure ultraespansive della Banca Centrale Europea per cercare di fronteggiare l’incubo deflazione e negli ultimi due mesi anche il timore di contraccolpi causati dall’inattesa Brexit: i fattori che condizionano ormai da tempo l’andamento dei mercati finanziari — scrive Il Sole 24 Ore — hanno creato una situazione probabilmente irripetibile per chi deve scegliere un mutuo volto ad acquistare o ristrutturare un’abitazione oppure finalizzato a sostituire il vecchio contratto (più costoso) attraverso una surroga. Basta dare un’occhiata alle migliori offerte rilevate dal broker Mutuionline per farsi un’idea di quanto sia cambiato il mercato dei prestiti casa in poco tempo: per un prestito ventennale da 200mila euro, ad esempio, si può pagare un tasso variabile (finito) dello 0,71%, mentre per il fisso si sale (per modo di dire) fino all’1,56% con rate mensili in entrambi i casi inferiori ai 500 euro. A questi valori, impensabili soltanto un anno fa (per non parlare di periodi di alta tensione come il 2007-2008) — continua il quotidiano economico-finanziario — si è arrivati per la concomitanza di due fattori in parte inattesi, almeno nelle proporzioni. Il primo elemento, macroscopico, è il crollo dei tassi di base utilizzati per calcolare le rate: il fenomeno dei rendimenti negativi – causato in primo luogo dalle decisione della Bce di ridurre a zero il costo del denaro e addirittura a -0,40% la remunerazione (a questo punto sarebbe meglio dire tassa) sui depositi che le banche lasciano in custodia presso l’Eurotower – è ormai ben conosciuto anche dal grande pubblico e con esso anche i riflessi sull’Euribor. L’altro fattore, forse ancora più inatteso, è appunto la compressione degli spread praticati dalle banche italiane sui prodotti, o almeno su quelli applicati alla clientela che chiede un importo contenuto rispetto al valore dell’abitazione (cioè un basso rapporto loan-to-value). La crisi del sistema finanziario post-Lehman, e ancor più dopo la bufera sul debito italiano del 2011-2012, aveva fatto lievitare il ricarico degli istituti di credito anche oltre il 3 per cento.

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