Ma il mattone rende ancora?

Case di proprietà, lavoro sicuro e pensione garantita. Questi sono i tre pilastri della generazione italiana baby boomers che hanno distrutto la generazione X, ovvero quella dei figli, e stanno solidamente minando il futuro dei nipoti, i millenials e digital native. D’altronde — scrive newsfood.com — siamo il Paese dove l’ 80% delle famiglie possiede almeno un immobile. Quasi un primato se pensiamo che in Germania la proprietà è in ragione del 45% dei nuclei familiari, in Francia del 6o%, in Olanda del 53%, in Svizzera del 35%. E non è consolante sapere che a batterci è solo la Romania (90%). Più precisamente, in Italia 20 milioni di famiglie (su 25 totali) sono proprietarie di 35 milioni di unità abitative. Questo vuol dire che ci sono 15 milioni di case diverse dalla prima. Ma la proprietà di una casa è ancora sinonimo di «investimento sicuro»? E, soprattutto, lo è mai stato? Gli immobili sono il regno delle distorsioni cognitive. Il loro possesso non è dovuto generalmente a ragioni economiche, ma più spesso culturali e psicologiche. «Il mattone», si è detto per decenni, «non ha mai tradito». E se aggiungiamo l’oggettiva difficoltà a stimare con precisione e frequenza il valore degli immobili, unita alla pessima educazione finanziaria, si capisce perché per molto tempo le case siano state considerate dagli italiani l’unico investimento possibile. Ovviamente ciascuno è libero di fare quel che vuole dei propri risparmi, ma il fatto di prendere ripetutamente decisioni finanziarie sbagliate provoca costi sociali enormi. E meno sono le ricchezze personali di cui si dispone, più diventa pericoloso fare delle scelte che placano soprattutto desideri che non una logica economica. Una casa, oltre ad avere una notevole ciclicità dei prezzi, non è liquida: ci vogliono mesi, a volte anni, per mutarla nuovamente in contanti. Non è frazionabile: se ho investito 100.000 euro in un appartamento, e me ne servono 10.000, non posso vendere una stanza e tenermi il resto. Ancora: ha un elevato carico fiscale e per di più in crescita (l’aumento di Imu e Tasi dal 2011 al 2014 è stato del 143,5%). Poi c’è il rischio del degrado improvviso dell’area in cui si trova e, se affittata, di morosità dei conduttori. Stando ai principi della profilazione Mifid (detta tra noi: «Io banca, chiedo a te, cliente, qual è la tua conoscenza in ambito di azioni, obbligazioni, fondi, polizze, e quanta esperienza hai in tal senso, in modo da costruire un “recinto di sicurezza” oltre il quale io non posso proporti niente»), l’investimento nel caro vecchio mattone dovrebbe essere equiparato a un investimento azionario. Comprare case uguale comprare azioni? In termini di rischi, siamo li. E se è vero com’è vero nella maggior parte dei casi che gli immobili hanno storicamente generato un rendimento interessante, questo è banalmente dovuto al fatto che sono investimenti ad alto rischio.

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