la cassazione: Non paga chi non usa l’impianto di riscaldamento

Il condòmino che non fruisca del riscaldamento centralizzato non è tenuto al pagamento delle spese relative al consumo. Detta eccezione può essere sollevata anche in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso sulla base del consuntivo che contenga tali addebiti, anche ove la relativa delibera di approvazione non sia stata impugnata in giudizio, in quanto la stessa è da considerarsi nulla e tale vizio può essere sollevato per la prima volta anche in sede di procedimento monitorio. Questi i chiarimenti contenuti nella sentenza n. 15932 della seconda sezione civile della Corte di Cassazione, depositata in cancelleria lo scorso 13 giugno 2019, di cui dà notizia Italia Oggi. Nel caso in questione la Suprema Corte si è in primo luogo occupata di vagliare la questione se un condòmino sia o meno tenuto a pagare le spese di consumo del riscaldamento ove dimostri che la sua unità immobiliare non sia mai stata o non sia più collegata all’impianto condominiale. I giudici hanno ovviamente dovuto tenere conto della normativa vigente all’epoca dei fatti e, quindi, antecedente alla riforma del 2012 che, come è noto, all’articolo 1118 del Codice civile ha in qualche modo codificato il diritto del condòmino di distaccarsi dall’impianto centralizzato, esonerandosi dal pagamento delle spese relative al consumo e dovendo contribuire soltanto ai costi di manutenzione straordinaria dell’impianto e a quelli necessari alla sua conservazione e messa a norma. È tuttavia emblematico come la Cassazione, nel vagliare la questione sottoposta al proprio giudizio, abbia richiamato quella giurisprudenza di legittimità favorevole al distacco del condòmino dall’impianto centralizzato alla quale si era sostanzialmente richiamato il legislatore della riforma del 2012 nel riscrivere l’articolo 1118. E, infatti, la seconda sezione civile della Cassazione, nell’accogliere sul punto il ricorso proposto dal condòmino, si è richiamata a due precedenti dello scorso decennio (sentenze 7518/2006 e 16365/2007), in base ai quali il condòmino può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione o approvazione degli altri condòmini, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto. I giudici di legittimità — continua Italia Oggi — hanno quindi ritenuto errate le decisioni dei primi due gradi di merito, che avevano preteso di subordinare il distacco alla previa autorizzazione da parte dell’assemblea, motivando tale decisione con il rispetto di un obbligo normativo, in un caso, e regolamentare, in un altro. In questi casi il condòmino può contestare le spese del riscaldamento anche in sede di opposizione al decreto ingiuntivo. Con la decisione in questione la Suprema Corte ha anche ribadito un principio recentemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ovvero il fatto che la nullità delle delibere assembleari può essere accertata incidentalmente anche nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ove la pretesa creditoria del condominio sia appunto fondata sul rendiconto approvato dall’assemblea e nonostante lo stesso non sia stato previamente impugnato in giudizio.

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