Casa «smart» e webcam: piacciono ma non si sa come gestirle

L’entusiasmo degli italiani nei confronti delle soluzioni tecnologiche che rendono «intelligente» una casa è alle stelle. Anzi: nel nostro Paese si dichiara di conoscerne sull’argomento anche più dei sudditi di Sua Maestà britannica e dei concittadini di Angela Merkel che, notoriamente, non peccano di competenze digitali (e orgoglio patriottico). Quando si tratta però di entrare nella fase operativa — scrive il Corriere.it — la nostra sicumera si stempera notevolmente e ammettiamo socraticamente di «sapere di non sapere». La curiosa fotografia emerge da un’indagine della società di ricerca Loudhouse di Londra commissionata da Western Digital che ha sondato online l’opinone di 6,084 cittadini di Regno Unito, Francia, Germania, Russia, Italia, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita sul loro livello di comprensione e sulla loro percezione rispetto alle tecnologie intelligenti e di archiviazione dei dati, sia tra le pareti domestiche sia nelle città in cui vivono. All’origine, la scarsa comprensione su come maneggiare i dati. Ebbene l’Italia, appunto, si è posizionata al vertice in tema di consapevolezza con il 91% degli intervistati che ha dichiarato di conoscere le tecnologie intelligenti per la casa e l’87% quelle per le smart city. Rispetto a Regno Unito (79% per smart home e 76% per smart city) e Medio Oriente (87% complessivamente). Invece solo il 22% del campione nazionale ritiene di possedere un buon livello di conoscenza delle tecnologie smart per la gestione dei dati rispetto a quello delle altre Nazioni, sottolineando un bisogno di rassicurazione e chiarezza da parte delle aziende produttrici di tecnologia intelligente su cosa possono fare per proteggere i dati.

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