Si torna a parlare di riforma del Catasto

Questa volta a riaprire la partita o, se si preferisce, il tormentone perché la riforma era già stata annunciata dal primo governo Prodi, alla fine dello scorso millennio — scrive il Corriere.it — è la Commissione bicamerale per la vigilanza dell’anagrafe tributaria, con un documento in cui chiede di mettere fine alle evidenti storture del sistema in vigore. Ricordiamo i termini delle questione: la fiscalità immobiliare in Italia si basa su un sistema che data originariamente 1939 e che ha come perno il valore di locazione teorico di un immobile. Gli estimi sono stati rivisti nel tempo (l’ultima ridefinizione radicale è degli inizi degli anni 90, in previsione del varo dell’Ici) ma sono completamente staccati dalla realtà di mercato. La scelta del valore di locazione è dovuta al fatto che all’epoca sugli estimi si pagavano anche le imposte sui redditi perché, questa la ratio che rasenta il sofismo, chi possiede una casa risparmia l’affitto e questo risparmio è un guadagno. Ora l’Irpef sui valori catastali non si paga più, salvo che nel caso in cui si disponga di un’abitazione vuota nello stesso comune in cui si ha anche una casa in cui si risiede, ma l’estimo serve, adeguato con una serie di coefficienti che cambiano da tributo a tributo, da base sia per le imposte sugli acquisti o sugli immobili ottenuti per successione o donazione, sia per Imu e Tasi.

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